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Per rilanciare il lavoro servono solo meno tasse

In Italia vi sono 2,5 milioni di disoccupati, in gran parte dovuti al fatto che il mercato del lavoro è ingessato e vi è un ampio mercato nero, a causa dell'alta tassazione.

Per rilanciare il lavoro servono solo meno tasse

In Italia vi sono 2,5 milioni di disoccupati, in gran parte dovuti al fatto che il mercato del lavoro è ingessato e vi è un ampio mercato nero, a causa dell'alta tassazione. Ma c'è anche un paradosso: le imprese a giugno per Uniocamere cercavano 560mila dipendenti, mentre Confindustria ha denunciato la mancanza di 110mila professionalità tecnico-scientifiche. Gli 11mila operatori dei Centri per l'impiego, assunti con la legislazione sul reddito di cittadinanza, dai governi con la presenza determinante del Movimento 5 stelle, non hanno le competenze adatte per il mercato del lavoro. Sono laureati in diritto amministrativo e in diritto del lavoro, sanno come si redige un contratto di lavoro con le regole del Jobs Act e del decreto Dignità, e con i principi generali costituzionali. Ma non hanno né la conoscenza pratica del mercato del lavoro né le competenza nelle politiche di addestramento professionale per i lavoratori che fruiscono degli ammortizzatori sociali e di quelli che cercano la prima occupazione. Per addestrare coloro che hanno perso il lavoro e ne cercano uno diverso e addestrare quelli che lo cercano per la prima volta, non servono i funzionari pubblici, serve il praticantato nelle imprese e nel lavoro autonomo. Serve il rincalzo di specialisti delle nuove professioni. Secondo gli esperti di lavoce.info, centro di eccellenza online della sinistra professionalmente all'avanguardia, il disoccupato tipico è scoraggiato. Spesso ha fatto lavoretti tappabuchi di brevissimo termine, i cosiddetti «bad jobs» ossia «lavori scadenti», che non gli hanno dato una vera professionalità. Perciò questo disoccupato ha bisogno d'assistenza psicologica, assieme all'addestramento all'attività richiesta dal mercato, nuova o vecchia o da svecchiare. Lo stesso vale per chi cerca il lavoro per la prima volta ed ha vissuto a carico della famiglia. Perciò lavoce.info propone il contratto di lavoro «di inserimento», agevolato per gli oneri contributivi e fiscali. Tutto ciò è condivisibile. Ma non basta. È dirigismo con apertura liberista. Ma la libertà di mercato non la si dà per decreto. La si dà deregolamentando e riducendo le imposte e i contributi, con il principio della curva di Laffer, per cui tassando di meno si ha più occupazione, più crescita, più gettito. Bisogna far rivivere i contratti di lavoro della legge Biagi, esentare da tributo e contributo il lavoro occasionale, sino a 1.200 euro annui, vidimandolo con una tassa fissa di bollo. Occorre esonerare il lavoro dei pensionati da contributi per un'altra pensione e tassarlo a forfait ad aliquote ridotte. I pensionati hanno competenze nelle professioni specializzate e nelle arti e mestieri, che vanno trasmesse ai disoccupati attuali. Il mercato del lavoro, in Italia, è verticalizzato. Si fanno i contratti fra i sindacati nazionali e le organizzazioni nazionali di industria, commercio, pubblico impiego. In Germania i contratti di lavoro sono decentrati. L'ultimo governo Berlusconi ha proposto i contratti aziendali di produttività. Essi furono bocciati dal presidente della Repubblica Napolitano, con un cavillo, perché - per ragioni di urgenza - erano nel decreto milleproroghe di fine anno, anziché in uno ad hoc.

I contratti di produttività servono più che mai ora, per le crisi aziendali e il made in Italy.

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