Riparte il business dell'accoglienza Dalla Ue 20 milioni per i profughi

I soldi serviranno a trasferirne 40mila in altri paesi. Ma il rischio corruzione è altissimo. Berlino si accaparra i talenti

Riparte il business dell'accoglienza Dalla Ue 20 milioni per i profughi

Solidarietà e business. Carità e affari. I migranti muovono i sentimenti ma anche i numeri. E la Commissione europea mette in gioco cifre importanti per facilitare la ridistribuzione dei profughi fra i 28 partner dell'Europa. Seimila euro per immigrato andranno a quei Paesi, in testa la Germania, che accetteranno sul loro suolo i disperati in marcia tra una nazione e l'altra. Cinquecento euro a persona verranno dati per ammortizzare le spese di trasferimento di quegli Stati che invece vedranno diminuire il carico umano sul proprio territorio. In sostanza questa seconda tranche di aiuti raggiungerà la prima linea dell'esodo biblico di questi mesi: Italia, Grecia, Ungheria. In pratica si parla di 156mila migranti che verranno trasferiti alleggerendo il peso che oggi grava su Roma, Atene, Budapest.

Un intento nobile, ma anche un flusso economico non da poco. Dall'Italia dovrebbero partire qualcosa meno di 40mila richiedenti asilo oggi accampati qua e là per lo Stivale. Il nostro governo sperava in un intervento ancora più massiccio dell'Europa che invece ha deciso di privilegiare Ungheria e Grecia, ma in ogni caso basta moltiplicare 500 per 40mila per capire che sul piatto ci sono 20 milioni di euro. E il pensiero, anzi il retropensiero, corre al Cara di Mineo e agli altri centri che si sono guadagnati le prime pagine dei giornali a colpi di esposti, ammanchi e avvisi di garanzia.

Sull'altro fronte, ancora una volta è sufficiente mettere mano alla calcolatrice per capire che lo sforzo della Commissione vale circa un miliardo di euro. Insomma, l'Europa fa finalmente sul serio, ma così sollecita anche giganteschi appetiti. E si può affermare che la politica dell'accoglienza ha costi enormi, ma anche qualche ritorno. Almeno in prospettiva. Del resto Otmar Issing, illustre economista tedesco, intervistato dal Messaggero a Cernobbio, guarda con occhio lungo alla gigantesca diaspora dei siriani e agli ottocentomila abitanti del Paese che non c'è più pronti a rifarsi una seconda vita fra Berlino e Monaco di Baviera: «La Germania ha bisogno dei talenti migliori, di gente che ha ricevuto una buona istruzione, di persone che saranno in grado di dare un contributo all'economia tedesca». Frasi che qualcuno riterrà azzardate e invece esprimono una strategia precisa davanti a un'immigrazione come quella siriana. Con migliaia di persone istruite, in pratica quella che fino a ieri era la borghesia di Damasco.

Ogni Paese persegue le politiche che ritiene opportune, la Germania sta mostrando in questi giorni drammatici un cuore sorprendente, al di là degli stereotipi e dei fantasmi della storia, ma è anche una grande potenza e come tale ragiona. L'Italia invece ha il fiato corto, ha sostenuto a lungo sulle proprie spalle uno sforzo immane ma ora sembra relegata nelle retrovie del dibattito europeo. È Berlino che orienta le scelte. L'Europa non si fida di noi e ha almeno due ragioni per farlo: la contabilità dei migranti è sempre stata ballerina e molti profughi non sono mai stati registrati; inoltre la gestione dei soldi è spesso stata poco limpida.

Dal Cara di Mineo a Mafia capitale i poveracci sono diventati pedine in mano a una classe politica senza scrupoli e alle imprese degli amici degli amici.

Ora arrivano altri soldi per accompagnare i disperati alle frontiere. Speriamo, detto senza tanti spagnolismi, che non spariscano con i migranti.

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