Economia

"La risalita del Pil slitterà a fine 2021"

CsC: "Ripresa solo con vaccinazioni rapide". Cgia: "Recovery fumoso"

"La risalita del Pil slitterà a fine 2021"

La ripresa economica vera e propria slitterà a fine anno. È quanto sostiene il Centro Studi Confindustria (CsC) nell'ultimo numero di Congiuntura Flash nel quale si sottolinea che «a inizio 2021, il peggioramento delle attese spinge una parte delle famiglie a risparmiare a scopo precauzionale». Tutto ciò, prosegue, «frenerà i consumi e il Pil, almeno nel primo trimestre», mentre «un forte rimbalzo è atteso solo dal terzo trimestre, sopra le stime iniziali se la vaccinazione sarà efficace e rapida». Comunque, osserva il Centro studi della confederazione guidata da Carlo Bonomi, «la flessione stimata per fine 2020 e la debolezza attuale fanno già rivedere al ribasso la crescita complessiva» del 2021.

Tra le varie criticità evidenziate da Confindustria ce ne sono due, in particolare, che sintetizzano l'attuale difficoltà economica. In primo luogo, nei primi undici mesi del 2020 la produzione manifatturiera è diminuita di circa il 13% rispetto al 2019. In seconda istanza, i lockdown, oltre a rallentare se non fermare i cicli produttivi, hanno anche determinato una crisi di liquidità delle imprese a causa della gelata dei consumi. Nell'industria, conclude il CsC, la situazione debitoria è peggiorata in tutti i settori, anche nell'alimentare e chimico-farmaceutico dove il flusso di cassa si è ridotto meno. In settori come automotive e macchinari, «non è neanche possibile stimare il numero di anni che servirebbero a ripagare il debito.

Ecco perché servirebbe organizzare al meglio il Piano nazionale di ripresa e resilienza per rilanciare tutte le attività economiche. Ma, osserva la Cgia di Mestre, l'attuale «bozza» è troppo fumosa e, soprattutto, prefigura un impiego inefficace delle risorse. Su 210,9 miliardi di euro che l'Ue metterà a disposizione, infatti, 65,7 miliardi verranno spesi per «progetti in essere» e i restanti 145,2 miliardi finanzieranno «nuovi progetti». Nel 2026, anno in cui si concluderà l'azione del Piano, la crescita del Pil dovrebbe essere più alta di 3 punti percentuali rispetto allo scenario base. A fronte di 145,2 miliardi di investimenti in conto capitale, al termine del programma l'aumento del Pil sarebbe di poco inferiore a 60 miliardi.

«Queste cifre, per stessa ammissione del governo, ci dicono che la redditività di questi impieghi sarà molto contenuta, probabilmente, perché la qualità degli interventi avrà una ricaduta molto bassa», rimarca la Cgia.

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