Guerra in Ucraina

Il rischio di guerra mondiale

L'imposizione di una no fly zone o la fornitura di caccia a Kiev potrebbero far precipitare la situazione. Il Cremlino punta alla "finlandizzazione" dell'Ucraina

Il rischio di guerra mondiale

«Poiché Leningrado non può esser portata via è la frontiera che dev'essere spostata lontano». Per capire come mai i generali russi inizino a paragonare le «operazioni» in Ucraina alla guerra con la Finlandia dell'inverno 1939-'40 basta questa frase. Con quelle parole Stalin pretendeva da Helsinki uno scambio di territori in grado di allontanare il confine e mettere Pietroburgo fuori dal raggio dell'artiglieria. «Mutata mutandis» è lo stesso motivo per cui Vladimir Putin attacca oggi un'Ucraina decisa ad entrare nella Nato. Ma le similitudini, a dar retta alle fonti russe, sono anche altre. La principale riguarda l'esito del conflitto. In quell'inverno 1939-'40 le divisioni di Stalin vennero inizialmente bloccate e fatte a pezzi dalle più agili e combattive unità finlandesi che muovendosi sugli sci e in bicicletta attaccavano i fianchi e le retroguardie del dispiegamento russo. Ma i promessi aiuti dell'Europa non arrivarono mai e così, dopo tre mesi di guerra, i destini del conflitto cambiarono drasticamente. Nonostante le perdite pesantissime Mosca mobilitò un dispositivo militare impressionante costringendo i finlandesi a firmare la pace alle proprie condizioni.

Ottantadue anni dopo molti generali russi sono pronti a sfidare il tabù di una Storia che difficilmente si ripete e scommettere su un epilogo simile. Stando ad alcune fonti militari russe ascoltate da Il Giornale il timore di una guerra mondiale o di un conflitto nucleare arginerà le ingerenze di Europa e Stati Uniti mentre la forza soverchiante garantirà, nei mesi, il superamento delle difficoltà iniziali e costringerà gli ucraini alla capitolazione. Un prospettiva da incubo per i leader politici occidentali e per i comandanti militari del Patto Atlantico costretti a studiare delle mosse che consentano di arginare non solo economicamente e politicamente, ma anche militarmente l'avanzata russa. Ma le alternative all'accettazione di un'inevitabile resa ucraina non sono molte. L'opzione meno gravida di rischi dal punto di vista dell'escalation prevede la fornitura di una flotta aerea in grado di rimpiazzare l'aviazione ucraina in gran parte distrutta nei primi giorni dell'intervento. La seconda opzione, pericolosissima perché capace d'innescare uno scontro diretto con i russi, si basa sull'utilizzo di missili e forze aeree della Nato per imporre una no fly zone e interdire dai cieli ucraini, o da una parte d'essi, gli aerei di Mosca.

Il trasferimento di una flotta aerea è stato proposto (ma poi smentito) dalla Polonia pronta a cedere a Kiev i sui Mig 29 risalenti all'era sovietica in cambio di una fornitura americana di F16. Lo scambio destinato, nei piani di Varsavia, a venir finanziato con fondi europei non è privo d'inconvenienti temporali e logistici. La fornitura di F16 americani non sarebbe immediata perché richiederebbe l'adeguato addestramento dei piloti polacchi. Questo lascerebbe disarmata sul fronte aereo la Polonia che comunque potrebbe usufruire della copertura aerea già garantita dalla Nato. Più seri sono invece i problemi logistici. I Mig 29 polacchi, seppur affidati a piloti ucraini, potrebbero venir ingaggiati da missili o aerei russi prima di raggiungere le piste dell'Ucraina occidentale ancora agibili. A quel punto però la Varsavia potrebbe appellarsi all'articolo 5 del trattato Nato e pretendere l'intervento degli alleati.

Ma quell'articolo diventerebbe ancor più vincolante se la Nato accettasse le richieste del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che preme per ottenere l'intervento dell'Alleanza Atlantica. Insistenze che incominciano a fare effetto. Per capirlo basta l'articolo con cui l'ex-ambasciatore americano alla Nato Kurt Volker sostiene l'ipotesi di una no fly zone umanitaria limitata ai territori orientali dell'Ucraina.

Un limite che Mosca potrebbe non accettare trasformando la no fly zone umanitaria nella premessa di una guerra mondiale.

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