Nuovi focolai e seconda ondata. Il coronavirus è ancora in circolazione e sono molte le incognite che pesano sul suo comportamento: il contagio dagli asintomatici; l'acquisizione dell'immunità dopo la guarigione, la differenza di risposta da parte di chi si ammala. E al momento non abbiamo né un trattamento specifico né un vaccino. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ribadisce che «il nemico non è sconfitto». Nella sua informativa al Senato Speranza invita a non abbassare la guardia. «L'epidemia non è finita: ci sono ancora focolai di trasmissione attivi. - avverte il ministro- E il virus, anche se in forma ridotta e con una prevalenza di casi asintomatici, continua a circolare».
Son due i fronti di contrasto al Covid: il primo implica l'immediata individuazione dei focolai e l'isolamento dei positivi e il tracciamento dei contatti. L'altro più a lungo termine richiede al sistema sanitario una capacità di risposta adeguata ad una eventuale seconda ondata dell'epidemia in autunno quando il coronavirus si sovrapporrà all'influenza stagionale.
Il Paese è pronto? Per il governo sì. Speranza sottolinea che per la sanità negli ultimi 5 mesi si è speso più che nei 5 anni precedenti. Nel decreto Rilancio si sono più di tre miliardi per l'assunzione dei medici e aumento dei posti letto di terapia intensiva per un totale di 11mila. E il ministro garantisce che sarà data la priorità assoluta alla riapertura delle scuole «in massima sicurezza».
Ma vediamo che cosa sta succedendo nel Lazio e in Lombardia dove sono esplosi due nuovi focolai a conferma che il virus circola in modo attivo. Il primo al San Raffaele di Roma e un altro al Niguarda di Milano. Le strutture sanitarie si confermano così il primo luogo di diffusione del virus. Sono 70 i casi positivi riferibili al focolaio del San Raffaele L'assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato assicura che la macchina dei servizi di prevenzione si è mossa subito: sono stati eseguiti 2.332 tamponi e si arriverà a farne 5mila con un focus su operatori sanitari e i pazienti nella struttura. Tutti i contatti, assicura, sono stati individuati e saranno sottoposti al test. Per far funzionare questa macchina occorre la collaborazione tra i servizi di emergenza, i pronto soccorso, le Unità di sorveglianza territoriale, i medici di famiglia. Una rete territoriale che, sottolineano dal governo, è stata potenziata anche con l'assunzione di 9.600 infermieri e l'istituzione della figura dell'infermiere di famiglia. Peccato però che in realtà il tetto previsto di 8 infermieri per ogni 50mila abitanti sia insufficiente ne occorrerebbero almeno il doppio, per gestire l'assistenza dei malati a domicilio, anello debole della catena. Pazienti sospetti hanno atteso settimane prima di avere conferme dal tampone e parenti dei positivi privi di indicazioni e non sono stati testati.
Il focolaio individuato al Niguarda di Milano che riguarda per la maggioranza un gruppo di operatori sanitari accende la luce su quello che è stato un altro anello debole della catena di controllo, ovvero la necessità di testare periodicamente gli operatori sanitari. Il direttore generale Marco Bosio assicura che tutti i positivi sono stati subito isolati e circoscritti grazie ad un monitoraggio che viene ripetuto periodicamente. In tutte le strutture sanitarie sono stati creati percorsi differenziati e dipartimenti ad hoc per i pazienti Covid.
Ma se dovesse arrivare una seconda ondata che cosa accadrebbe? Se è vero che non saranno smantellati i posti letto Covid che semmai diventeranno dormienti e pronti ad attivarsi in caso di emergenza resta comunque il problema del personale insufficiente. Servono almeno 4mila medici in più rispetto a quelli previsti dal governo.
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