Politica estera

La riscossa dei Popolari (e anche Vox tiene). Ora Sanchez teme il flop

Valencia al centrodestra. Siviglia contesa. Nuovi equilibri per le politiche di dicembre

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Cominciata maluccio, la domenica elettorale del Partito socialista spagnolo è finita peggio. Molta gente ai seggi, e una punizione severa per il Psoe, a partire dalla capitale Madrid, dove il Partito popolare otterrebbe tra i 70 e i 72 seggi «regionali»: più della maggioranza assoluta (68). Una conferma, quindi, per la combattiva pasionaria popolare Isabel Díaz Ayuso. Se il Pp dilaga, il Psoe si fermerebbe a 27 o 28 seggi, Más Madrid (altro cartello di sinistra) resta a 20, mentre la destra dura di Vox otterrebbe 9 o 10 deputati regionali; tiene Podemos con 7. Dopo oltre tre anni con un governo nazionale di coalizione di sinistra (socialisti-Unidas Podemos), il voto di ieri in Spagna è stato anche un termometro per capire in che direzione va il Paese dopo i 5 anni del socialista Pedro Sánchez a tirarne le fila. Il premier era già stato contestato ieri mattina mentre spiegava l'importanza di questa tornata amministrativa. Poi, in serata, la batosta.

I primi risultati delle 12 regioni su 17 al voto, e degli oltre 8 mila comuni, sono stati disastrosi per lui; vengono già considerati un banco di prova per lo scenario che si profila all'orizzonte a fine anno, quando alle politiche il Partito popolare, oggi all'opposizione, potrebbe arrivare in testa e provare a governare l'intera Spagna con la destra di Vox come già fa in alcune località; uno scenario «all'italiana», in cui destra moderata e quella dissidente viaggiano su un comune binario, scompaginando i piani della sinistra.

«Il rammarico è che purtroppo in una giornata elettorale di una democrazia così importante ci siano persone intolleranti, polemiche continue, offese e insulti», ha dichiarato Sánchez dopo i fischi indirizzatigli al seggio. Ma col passare delle ore, per il Ps, le cose non sono migliorate. Anzi, confermato anche l'attuale sindaco Pp (centrodestra) della capitale, José Luis Martínez-Almeida; la candidata dei socialisti, Reyes Maroto, ex ministra del governo Sanchez si è piazzata dietro l'altra forza di sinistra, Mas Madrid. E a Barcellona, la sindaca dei «patti» a sinistra Ada Colau vola verso un terzo mandato (per cui dovrà cercare ancora accordi), e per la prima volta entra in consiglio comunale anche Vox.

I risultati non sono sufficienti per lenire i tormenti della sinistra, che ieri si è vista strappare anche Valencia, mentre Siviglia resta in bilico. Socialista sempre più dilaniati da correnti e dalla concorrenza del nuovo partito Sumar che ha l'ambizione, alle politiche, di prosciugare anche ciò che resta del cartello che fu di Pablo Iglesias, Podemos, oggi guidato dalla ministra pacifista Ione Bellarra, che sull'invio di armi all'Ucraina si è smarcata da Sánchez. Non sono bastate le promesse della ultima ora del Psoe: più investimenti nell'edilizia sociale, nella sanità pubblica, nella cura della salute mentale. Sánchez aveva perfino lanciato quote rosa nei centri decisionali pubblici e privati, oltre a insistere sul clima. L'ultimo test prima delle politiche è stato un flop, che derubrica la sua leadership a poco più di una parentesi. Il moderato Alberto Núñez Feijóo, designato leader del Partito popolare appena un anno fa, ha invece intrapreso un lavoro di ristrutturazione del cartello della destra moderata. Gli elettorali l'hanno premiato. E proverà ora a disegnare un asse tra Madrid e l'Andalusia, dove Juan Manuel Moreno Bonilla ha già vinto nel giugno scorso, strappando il feudo che fu socialista. Si aspettano i risultati definitivi, ma il «modello italiano» non è più tabù. In Castiglia e León, nel nord, il Pp e Vox - nato da una costola del Pp - già governano insieme. Ed emerge anche un'altra tendenza: certi elettori centristi che in passato avevano scelto Ciudadanos in alcuni grandi centri voltano le spalle, votando Pp. Ma non c'è da sottovalutare il nuovo partito di sinistra di Yolanda Diaz, ministra e vicepremier con ambizioni di premiership: con «Sumar», potrebbe essere la sorpresa al voto di dicembre.

E potrebbe contribuire a contribuire alla fine del «sanchismo».

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