«Tutti i partiti firmino un atto in cui si impegnano a votare la proposta di legge che dimezza lo stipendio dei parlamentari e introduce la rendicontazione puntuale dei rimborsi». Sono passati poco più di quattro mesi da quando in campagna elettorale il leader pentastellato Luigi Di Maio proponeva ai suoi avversari di sposare la nobile causa moralizzatrice M5s che proponeva di decurtare del 50% indennità e rimborsi oltreché di fare un salto in avanti nella legittimazione normativa del pauperismo grillino che impone ai suoi parlamentari di restituire parte dei loro cospicui emolumenti.
Ieri il Blog delle stelle ha rilanciato la proposta, tuttavia si potrebbe provare a ipotizzare che cosa accadrebbe se deputati e senatori accettassero di dimezzarsi lo stipendio e che giovamento ne avrebbero le casse dello Stato. Il risultato è sorprendete perché non emergono tutti quegli zeri di cui cianciano i pentastellati quando predicano contro la casta. La cifra, però, è di tutto rispetto: si risparmierebbero 110 milioni all'anno, poco meno di un centinaio considerando anche le minori entrate fiscali in virtù degli assegni ridotti.
Ma andiamo con ordine. I 630 deputati costano 146,7 milioni di euro che rappresentano la somma di 81,3 milioni per le indennità e 65,4 milioni di rimborsi (spese di viaggio, spese di soggiorno, spese telefoniche, ecc.). Le ritenute fiscali sull'indennità ammontano a 22 milioni con un'aliquota media di poco superiore al 28%, una cifra che effettivamente rappresenta un privilegio. Anche se non è strettamente pertinente alla materia occorre ricordare che i deputati versano 7 milioni ogni anno per garantirsi il vitalizio al raggiungimento dell'età pensionabile.
A Palazzo Madama, invece, le indennità ammontano a 42 milioni di euro cui si sommano 36,9 milioni di rimborsi vari per un totale di 78,9 milioni. Il bilancio del Senato, però, non rendiconta la distribuzione delle ritenute fiscali mescolandole in un unico capitolo. Ipotizzando un'aliquota fiscale simile a quella della Camera, si può stimare che i senatori versino circa 11,8 milioni di Irpef all'anno per le loro indennità. A questi poi si aggiungono anche altri 4,2 milioni per i vitalizi.
Dunque parlamentari e senatori costano 225,6 milioni di euro all'anno fra indennità e rimborsi e di questa cifra 33,8 milioni tornano direttamente allo stato sotto forma di Irpef. Se la proposta grillina trovasse applicazione, il dimezzamento di indennità e rimborsi comporterebbe un risparmio immediato di 112,8 milioni di euro. Anche l'Irpef, come minimo, si dimezzerebbe perché l'indennità, che è la parte dello «stipendio» che viene tassata direttamente, scenderebbe verso quota 3.
000 euro mensili tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama (il lordo infatti sarebbe nell'ordine dei 5.500 euro al mese). Dunque lo Stato perderebbe almeno 16,8 milioni di introiti e la minore spesa al netto delle minori entrate fiscali sarebbe di 95,9 milioni. Questa ipotesi, per ora, resta tale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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