Coronavirus

Rissa sul dossier anti-aperture: "Errori? Non sanno fare i conti"

La Fondazione Kessler attacca: le divisioni si imparano in quinta elementare, livello umiliante. L'Iss difende lo studio

Rissa sul dossier anti-aperture: "Errori? Non sanno fare i conti"

«Ci accusano di aver fatto male i conti. Non è così: i nostri conti sono esatti. Noi facciamo scienza. Ho imparato a fare le divisioni in 5 elementare non posso tornare indietro: scendere a certi livelli è umiliante».

È davvero seccato Stefano Merler che con la Fondazione Kessler offre i suoi modelli matematici sull'andamento dell'epidemia all'Istituto Superiore di Sanità. Modelli che però hanno suscitato critiche e perplessità. Sono stati sottoposti ad «autopsia» da parte di centri studi indipendenti che avrebbero individuato grossolani errori di calcolo nelle stime. Ma anche chi non mette in dubbio l'esattezza dei calcoli si chiede quale sia l'utilità di fare ipotesi sullo scenario peggiore per la peggiore delle casistiche quando poi ci sono altre variabili. Molti si chiedono se non sarebbe meglio fare ipotesi sulla gestione della situazione attuale.

Medici ed esperti sottolineano come in queste settimane si sia imparato molto sul virus e dunque si dovrebbe essere più in grado di fronteggiarlo avendo fatto tesoro dell'esperienza. I calcoli possono essere giusti ma il mondo del lavoro ha bisogno di ripartire e la ripresa non può essere condizionata da modelli matematici. In particolare è stata criticata l'ipotesi del worst scenario, il peggiore, che prevede 150mila pazienti in terapia intensiva nel giro di poche settimane nel caso in cui non si ponessero misure di contenimento. Merler ha ribattuto punto per punto le contestazioni. Alla base delle critiche, dice lo studioso, un assunto sballato: ovvero quello fare i calcoli di un'eventuale crescita dei casi basandosi soltanto sul numero dei casi emersi mentre è certo che il numero delle persone positive ma asintomatiche in circolazione reale è superiore, forse dieci volte di più. Merler ha tenuto conto di due fattori: quante persone possono essere contagiate da un singolo infetto, l'oramai famigerato Rzero, e in quanto tempo si manifestano i sintomi. Ovvero l'intervallo durante il quale si è infetti senza saperlo.

«Quelli che oggi sono in grado di trasmettere Sars Cov 2 non sono i mille-duemila che ci dà giornalmente la Protezione civile. - puntualizza Merler- Ma sono anche quelli che si sono ammalati ieri, l'altro ieri, nei giorni scorsi, e non sono ancora guariti sono molti di più. E sono solo quelli che siamo in grado di testare, la punta dell'iceberg». La stima sulla nostra popolazione, prosegue Merler, indica che dal 3 al 5 per cento della popolazione è potenzialmente infetto, circa 4 milioni di persone. «Noi, quindi, vediamo il 5 forse il 10 per cento del totale. E questo significa quindi che i positivi in grado di trasmettere l'infezione sono quel numero moltiplicato per 10 o per 20». In uno scenario «liberi tutti» privo di qualsiasi misura di contenimento, con una riapertura di tutte le attività comprese quelle con indice di rischio potenzialmente più alto l'indice di contagio schizzerebbe in alto a 2,25, con un tempo di generazione di contagio calcolato in 6,6 giorni circa ecco che ci si potrebbe ritrovare nello scenario da incubo insostenibile definito dal modello.

Ma appunto è uno scenario che prevede non si prenda nessuna misura di contenimento mentre la popolazione oramai sembra aver assimilato tutti i comportamenti legati alla prevenzione: le mascherine, l' igiene e il distanziamento.

Infine l'ultimo appunto da parte dell'Iss per quelli che hanno bocciato lo studio: nei loro calcoli hanno dimenticato i morti.

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