Vai al cinema. Scegli il film, magari dopo aver discusso coi tuoi amici, paghi il biglietto, ti rifornisci di una cofana di pop-corn di inquietanti dimensioni e mentre stai entrando in sala, la maschera ti ferma e ti fa: e il posto, non lo paghi?
Tutto ciò ti sembrerebbe assurdo. Eppure ogni giorno al ristorante ti succede qualcosa di simile. Paghi un supplemento fisso al conto in più rispetto al pasto e al vino. Si chiama coperto ed è una tassa inspiegabile ma non illegale se segnalata sul conto (ma i furbetti comunque ci sono: la voce spesso è un po' nascosta tra le varie ed eventuali e chi le guarda? Oppure sul menu online scompare) che serve a pagare la fornitura e la pulitura di piatti, stoviglie, posate, tovaglioli e tovaglia (quest'ultima sempre più spesso poi semplicemente non c'è). Come se si potesse mangiare senza. Qualcuno lo unisce al pane, qualcun altro lo considera una specie di mancia. Ma sono stratagemmi: il coperto è il coperto.
Il coperto è il coperto e nasce nell'epoca in cui nelle locande spesso si andava con il cibo portato da casa. Si ordinava il vino della casa, magari nemmeno quello. E il locale veniva remunerato con un piccolo fee per l'occupazione dello spazio e la fornitura delle stoviglie. Un po' come quello che accade oggi nei locali più evoluti che consentono al cliente di portarsi la propria bottiglia da casa in cambio del solo «diritto di tappo», un riconoscimento economico per «trattare» la bottiglia: refrigerarla, stapparla, farla gestire da un sommelier professionista.
Ma il coperto ormai è diventato un'altra cosa: è una tassa odiosa che grava sul conto remunerando qualcosa che dovrebbe essere già ripagato dai ricarichi spesso già sostanziosi sulle spese vive. Paradossalmente nei ristoranti di alto livello generalmente non c'è, ma nei ristoranti piccoli e medi invece sì. In genere è di 2 euro, ma può raggiungere anche i 4 euro come da Dim Sum, cinese chic in via Bixio. Ma almeno in quel caso l'atmosfera elegante è da bonus. Il fatto è che spesso il coperto viene fatto pagare anche in posti dove ti servono un panino senza posate, come da Crocetta in piazza Diaz (la loro risposta, affidata a un anonimo cameriere? «È giusto, noi i piatti li laviamo». E ci mancherebbe, aggiungiamo) o in posti dove la tovaglia non c'è (ma c'è un tovagliolo «scelto» da un vezzoso cestini) e il menu è scritto a mano come da Sciatt à Porter in via in viale Monte Grappa («si è sempre fatto così», dice serafico il tizio alla cassa, che però almeno promette di meditare sulla faccenda).
Il coperto è una caratteristica tutta italiana. In Francia c'era una cosa simile, poi qualche anno fa una legge impose un kit gratis in ogni bistrot che comprende il coperto e anche une caraffe d'eau. E anche in Italia non ovunque c'è. A Roma fu abolito anni fa, a Milano si promette ogni anno di sbianchettarlo, se ne parlò prima dell'Expo al grido: «Che penseranno di noi i tailandesi e i bielorussi che invaderanno i nostri ristoranti?».
Che cosa avranno pensato leggendo quelle tre sillabe a giustificare un supplemento assurdo non lo sappiamo. Sappiamo che cosa pensano quelli che ogni giorno si mettono in tasca uno scontrino con il truppo: il diavolo fa le pentole e pure il coperto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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