 
"Ma che minch... è questa storia del Ponte sullo Stretto". Tra i post invecchiati male "degni" di nota sull'opera pubblica la cui sostenibilità economica è stata bocciata dalla Corte dei Conti c'è questo oxfordiano commento social datato 2015 di Marcello Degni, che della medesima Corte dei Conti è autorevole consigliere, con tutte le sue simpatie per Che Guevara e un sogno nel cassetto: "Far sbavare - ipse dixit - la maggioranza".
In questi giorni in cui torna di moda il passato remoto e gli ardori giovanili di ex politici passati alle istituzioni, proprio per metterne in discussione l'indipendenza, anche la terzietà della Corte dei Conti rispetto alle decisioni del Parlamento sovrano diventa ostaggio del dibattito politico. L'altra sera, quando si è scatenata la rissa governo-opposizione sui distinguo dei magistrati contabili "sul dare e l'avere" che l'opera genererà - mai così netti in passato su misure targate Movimento Cinque Stelle come il Superbonus 110% e il Reddito di cittadinanza, che davvero tanti guasti a lungo termine e sprechi hanno causato ai conti pubblici, ma tant'è - uno dei post più entusiastici è arrivato proprio da Degni: "La reazione alla decisione della Corte dei conti sul Ponte è coerente con l'attacco alla magistratura che domani (ieri, ndr) sarà sancito dall'approvazione della legge sulla separazione delle carriere. Difendere la Costituzione e votare NO al referendum per proteggere la democrazia". Insomma, un bel concentrato di pensiero ideologico che stona con l'indipendenza anche formale che dovrebbe rappresentare il ruolo di magistrato contabile di Degni, il cui passato "politico" (è stato persino assessore a Rieti in una maggioranza Pd-Sel) è noto.
Ormai quasi due anni fa sembrava a un passo dalla destituzione dalla Corte dei Conti dopo una brutta escalation delle sue esternazioni sociali, tipo il plauso al brigatista rosso Toni Negri, la frase "Galeazzo Bignami sottosegretario indecente" fino all'accusa alla leader Pd Elly Schlein, colpevole secondo Degni a fine 2023 di non aver fatto abbastanza ostruzionismo "da costringere l'Italia all'esercizio provvisorio", altrimenti "potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata". Frasi dal sen fuggite troppo serie da essere derubricate a libera espressione del pensiero, tanto che persino Paolo Gentiloni, che da premier lo nominò alla Corte dei Conti, definì queste esternazioni "semplicemente inaccettabili". Dal punto di vista disciplinare, a quanto risulta al Giornale, tutto si è risolto in poco o nulla, nonostante la determinazione annunciata dal Pg Pio Silvestri. E il risultato si vede...
A chi sui social gli ha fatto notare un potenziale conflitto d'interessi tra il suo ruolo e le sue idee sul Ponte e sul centrodestra, Degni ha risposto con un manifesto programmatico che sembra uscire dalla migliore antologia sinistra: "La
manifestazione del pensiero è libera per tutti, ad eccezione dei fascisti banditi dalla Costituzione, l'azione deve essere svolta seguendo norme e prassi con imparzialità, come ho sempre fatto e come fanno tutti i magistrati".