La produttività del lavoro in Spagna lascia a desiderare, e il governo ritiene che sia arrivata l'ora di cambiare: per ottenere il risultato desiderato, si comincerà col cambiare l'ora.
Il gioco di parole ha a che vedere con una delle più curiose particolarità della Spagna, che dal 1942 non è più allineato con il suo fuso orario geograficamente naturale, quello di Greenwich che in Europa comprende il Portogallo, l'Irlanda e la Gran Bretagna, bensì con quello dell'Europa centrale che include tra gli altri Paesi la Francia, l'Italia e la Germania.
Paese non citato a caso, quest'ultimo: nel lontano 1942, infatti, il dittatore Francisco Franco pensò bene di lasciare il fuso orario della perfida Albione e di allinearsi a quello del Terzo Reich. A differenza del Führer, perito nel 1945 insieme con l'utopia sanguinaria del nazismo, Franco era destinato a rimanere in sella per altri 33 anni, durante i quali - è il caso di dirlo - il tempo si fermò. Alla sua morte, nel 1975, le lancette della Storia fecero un giro completo, ma nessuno si preoccupò di rimettere al loro posto quelle degli orologi. Per altri 41 anni, dunque, gli spagnoli hanno continuato a trovarsi un'ora avanti rispetto al tempo solare in inverno, e addirittura di due in estate, per via dell'ora legale.
La faccenda porta con sé alcune ricadute di non poco conto: la tipica giornata di lavoro in Spagna comincia infatti alle 10 e termina alle 20 e anche oltre. Ciò non significa che lo spagnolo medio sia impegnato per dieci ore: tra le 14 e le 16 (che in alcuni casi diventano le 17) è infatti il momento della siesta, che è qualcosa di ben più corposo di una pausa pranzo.
Adesso, come si diceva, il governo di Madrid sembra intenzionato a fare qualcosa per rendere le giornate lavorative più simili a quelle degli altri Paesi europei. Cominciare entro le nove e finire tra le cinque e le sei del pomeriggio permetterebbe di avere più tempo libero dopo il lavoro ma anche di andare a dormire prima. «Vogliamo che le giornate di lavoro terminino alle 18», ha detto la ministra del Lavoro Fàtima Bàñez , che conta di veder presto approvata dal Parlamento, con larga maggioranza bipartisan, la sua proposta.
Meno facile sarà convincere i sindacati dell'opportunità di cambiare le vecchie abitudini dei lavoratori spagnoli per arrivare a «un patto nazionale per la conciliazione e la razionalizzazione degli orari» che dovrà vedere coinvolti anche i rappresentanti dei datori di lavoro.
I vecchi vizi della politica spagnola sembrano però duri da eradicare. Alla possibile introduzione di una flessibilità oraria che andrebbe sotto il nome pomposo di «Borsa delle ore» dovrebbe essere necessariamente abbinata un'estensione a quattro settimane del permesso di paternità: è questo l'esito di un accordo tra i popolari del premier Mariano Rajoy e il partito dei Ciudadanos. Quanto ai socialisti, «non è un male che si parli di conciliazione - ha detto rafael Simancas, il portavoce del Psoe nella commissione parlamentare che si occupa della materia - ma è certo preferibile che si mantenga l'attenzione su temi come quello della precarietà».
In altre parole, per i socialisti, la produttività del lavoro non è una priorità in un Paese come la Spagna che ha 4 milioni e 300mila disoccupati (il 19% della forza lavoro potenziale) e un assoluto bisogno di attirare nuovi investimenti dall'estero.
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