Politica

Brasile spaccato: Lula batte Bolsonaro per un soffio

Battendo in volata Bolsonaro Lula è di nuovo presidente. Ora si apre la fase più difficile: governare un Paese spaccato

Lula alle urne prima del ballottaggio del 30 ottobre (ANSA)
Lula alle urne prima del ballottaggio del 30 ottobre (ANSA)

A dodici anni dalla fine del secondo mandato Lula torna Presidente del Brasile battendo Jair Bolsonaro, capo di Stato uscente. Dopo esser stato avanti per la maggior parte dello scrutinio, attorno a due terzi del campione Bolsonaro è stato sorpassato da Lula, che ha vinto con poco più di un punto e mezzo di margine, col 50,8% contro il 49,2% dell'avversario. Poco dopo la mezzanotte italiana, la Corte Suprema Elettorale ha confermato la vittoria dell'ex sindacalista.

Il margine di vittoria di Lula è il più risicato dal 1989, quando i brasiliani votarono per un presidente per la prima volta dalla fine della dittatura militare. Il precedente margine più vicino era stato nel 2014, quando la sua delfina Dilma Rousseff ha vinto un secondo mandato consecutivo battendo Aécio Neves per 51,6% a 48,4%.

Il conteggio delle elezioni è stato rapidissimo in questa domenica, più veloce rispetto al primo turno di quattro settimane fa perché questa volta ci sono meno sfide in contemporanea. A differenza del 2 ottobre, quando ci sono stati ballottaggi per il Congresso, i governatori e le assemblee statali in 27 stati, questa volta le elezioni presidenziali sono state l'evento principale, accompagnato da soli 12 ballottaggi governatoriali. La Sinistra brasiliana, che aveva accolto come una doccia gelata i primi risultati dall'estero che davano Bolsonaro avanti, è presto passata dal terrore di un bis del presidente conservatore alla gioia del successo.

Col 99% del campione scrutinato, è arrivato anche il più simbolico dei sorpassi. Lula ha sorpassato Bolsonaro anche nello stato di Minas Gerais, l'Ohio del Brasile, che nessun presidente ha mai vinto senza conquistare.

Dopo sei anni dall'impeachment della Rousseff il Brasile torna in mano al Partito dei Lavoratori, più "lulista" che mai. Un Brasile che - lo avevamo anticipato - è più spaccato che mai. Bolsonaro vince con una decina di punti di vantaggio negli Stati popolosi di San Paolo e Rio de Janiero, nelle roccaforti del Sud, nell'interno. Lula, invece, vola negli Stati più poveri, da Paraiba a Bahia.

Caroselli di auto e moto, grida dalle finestre degli appartamenti, suoni di clacson e bandiere al vento riempiono le strade delle principali città. Da una parte i sostenitori dell'ex sindacalista, in lacrime di gioia, dall'altra il silenzio di delusione dei fan di Jair Bolsonaro. In una nazione spaccata a metà, le elezioni più polarizzate della storia del Paese si riflettono negli umori dei suoi cittadini, divisi da opposte tifoserie come in una finale della nazionale di calcio. A Rio de Janeiro, la seconda metropoli più grande del gigante sudamericano, gli elettori in festa si sono riversati sulla spiaggia, inondando con la loro allegria il quartiere di Copacabana. Mentre anche dalle 'favelas' sui morros (colline) partono fuochi di artificio a illuminare il cielo carioca.

Quello di Lula è l'ultimo di una serie di trionfi per una sinistra latinoamericana in ripresa, dopo l'elezione di leader progressisti in Argentina, Bolivia, Colombia e Cile. Tutti - eccezion fatta per la Bolivia - in contesti simili a quello in cui è maturata l'elezione di Lula: elettorati divisi, classi sociali nettamente spaccate e una metropoli spesso orientata a votare formazioni conservatrici e d'ordine. Jair Bolsonarodiventa il primo presidente dal 1990 a non essere rieletto da candidato in carica. Prima di lui tutti i presidenti che hanno tentato un secondo mandato sono stati rivotati. Fernando Henrique Cardoso nel 1998, lo stesso Lula nel 2006 e Dilma Rousseff nel 2014 hanno tutti vinto un secondo mandato quadriennale. Bolsonaro è il primo presidente ad essere respinto alle urne, ma non si può non sottolineare un vero e proprio exploit rispetto alle aspettative.

Dato per perdente già al primo turno, Bolsonaro ha raccolto solo poche centinaia di migliaia di voti in meno dei 57,7 milioni conquistati al ballottaggio del 2018 contro Fernando Haddad. Il suo Partito Liberale è la prima formazione in Parlamento, con 99 seggi su 513, molti volti storici tra cui Flavio Bolsonaro, figlio del presidente non riconfermato, sono in campo. Per Lula si apre la partita decisiva del pragmatismo. Già dalle anticipazioni si prospetta un governo molto più moderato e centrista di quelli che hanno caratterizzato il lulismo di inizio secolo. Il vicepresidente eletto è Gerardo Ackim, socialdemocratico che nel 2018 era supportato alle presidenziali dallo stesso partito con cui si è candidato adesso Bolsonaro. Un Paese spaccato in cui i candidati hanno fatto la guerra l'uno all'altro per delegittimarsi ora necessita di essere ricucito. E i due uomini forti, il Presidente ri-eletto e quello uscente, hanno una carica elettorale notevole che l'odio personale non deve disperdere. Per una democrazia ferita come quella verdeoro si apre oggi una delle fasi più delicate dopo anni di crisi sociale ed economica legata alla pandemia e alle sue conseguenze. A cui Lula è chiamato a rispondere non dimenticandosi degli oltre 57 milioni di brasiliani che hanno votato per il suo più feroce critico.

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