Ritratto di un Paese in quattro Italie

Cerimonie, sindacati, guerriglia e senso civico. Il bene e il male della nazione in un'unica giornata

Ritratto di un Paese in quattro Italie

di Ecco l'Italia. Anzi, le quattro Italie. Mondi differenti, per certi versi agli antipodi, che sembrano non aver nulla a che fare l'uno con l'altro. Dopo aver osservato questo Primo Maggio italiano, era impossibile non notare tutte le contraddizioni.

Le abbiamo riassunte in quattro immagini, ma vale la pena soffermarsi su ognuna di esse. A partire dalla piazza siciliana di Pozzallo, dove un sindacato anacronistico, il cui linguaggio si è fermato 40 anni fa, non riesce più a dialogare e a confrontarsi con le realtà sociali. Avete sentito le parole di Susanna Camusso? Oltre al rituale ormai obsoleto del primo maggio col fazzoletto rosso, anche il discorso della leader Cgil aveva il sapore del passato remoto. Non è un caso se ogni giorno riceve schiaffi pure da un governo di sinistra, con cui non è capace di stare seduta al tavolo. Non basta: i focolai di protesta sociale sono sempre più numerosi, ma il sindacato non è più in grado di interpretarli né di indirizzarli, com'è sempre riuscito a fare in passato. Senza contare, infine, la mancata tutela dei giovani lavoratori, ormai abbandonati a se stessi nel mondo del precariato. Italia da dimenticare.

Poi ci sono il governo, la classe politica. Tutti belli, eleganti e ingessati all'inaugurazione dell'Expo nel Primo Maggio milanese. D'altronde, a differenza del sindacato, di Renzi non si potrà dire che è fuori dal mondo e dal tempo. Il discorso del premier, condivisibile o no, era quantomeno legato all'attualità. D'accordo, il premier e compagnia bella sono stati un po' pomposi, sfoggiando una grandeur che purtroppo non ci appartiene. Perché c'è poco da essere orgogliosi: non contiamo nulla a livello internazionale e, anche se potessimo ritagliarci un posticino nel mondo, c'è sempre qualche cane da pastore che abbaia e ci fa tornare nel gregge. Italia pecora.

E che dire del Primo Maggio dei black bloc, no global, no tav, no expo e nonsochealtro… Come definire questa Italia? Di teppisti, di criminali, di violenti? Va bene, ma non solo. Innanzitutto sembrano stupidi e senza idee. Di battaglie dagli anni Settanta a oggi ne abbiamo viste tante, ma chi scendeva in piazza allora cercava anche il consenso, il coinvolgimento della gente. Violenti erano ma con un sostegno sociale piuttosto allargato. Quelli in piazza a Milano invece sono semplici teppisti, più ultrà da stadio organizzati per fare danni che estremisti politici. Un vuoto culturale incolmabile. Eppure ci sono anche intellettuali di grido cui piace spendere paroloni in loro difesa. I piazzisti con i piazzaioli. Italia da sotterrare.

Per fortuna che davanti a questi stupidi senza idee ci sono degli italiani, dei milanesi che dopo gli scontri, gli incendi e le vetrine infrante si sono subito dati da fare per ripulire lo scempio. Negozianti, dipendenti dei bar e comuni cittadini che hanno rimosso detriti e sporcizia e cancellato le scritte che imbrattavano i muri, dimostrando un non comune senso civico nel prendersi cura di una città ferita. Una bella Italia, la migliore.

Quella che fa i conti con le tasse inique, con la burocrazia ottusa, con la classe dirigente inadeguata, con i teppisti senza idee e con la giustizia miope. L'Italia che, nonostante tutto e nonostante tutti, si rimbocca le maniche ogni giorno e tiene in vita questo sciagurato Paese.

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