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La rivolta dei peruviani in piazza contro i corrotti e il patto della vergogna

Il presidente Kuczynski si è salvato solo per un accordo con i suoi carnefici liberando Fujimori

La rivolta dei peruviani  in piazza contro i corrotti e il patto della vergogna

Sarà perché il Perù si porta dietro la maledizione di Atahualpa - l'imperatore inca fatto uccidere da Pizarro e che in punto di morte pare abbia lanciato feroci anatemi contro il suo carnefice il quale poi gli sopravvisse solo pochi anni. Di certo quanto successo a Lima nell'ultima settimana è degno delle tragedie del miglior Shakespeare, con un presidente il cui mandato è di fatto finito per corruzione ma si salva all'ultimo mettendosi d'accordo coi suoi carnefici cui regala in cambio la libertà del padre violatore dei diritti umani. Il tutto alla vigilia del Santo Natale. Fino a un paio di mesi fa il «liberale» Pedro Pablo Kuczynski - che tutti a Lima conoscono con l'acronimo Ppk - governava un Perù in netta crescita (Pil 2017 +2,7%), nonostante lo stretto margine con cui era arrivato alla presidenza nel 2016 sconfiggendo la populista Keiko Fujimori e senza una maggioranza parlamentare del suo partito, Peruanos por el Kambio.

Certo, in un paese in cui il predecessore di Ppk, il «chavista» Ollanta Humala, è in carcere insieme alla moglie Nadine Heredia per lo scandalo di tangenti Odebrecht - e per vedere i figli il giorno di Natale ha dovuto chiedere un permesso speciale allo stesso Kuczynski un paese in cui l'altro ultimo «liberale» alla presidenza, Alejandro Toledo, è latitante per evitare la galera per avere intascato 20 milioni di dollari di stecche dalla multinazionale verde-oro, chi non vorrebbe un cambiamento o, per dirla col marketing di Ppk, un Kambio? Per non dire di Alain Garcia, altro predecessore «socialista light» che, nonostante lo neghi, è anche lui coinvolto sino al collo nel giro di tangenti Odebrecht, o di Alberto Fujimori, ex presidente autoproclamatosi dittatore «alla Maduro» che, seppur ancora amato da molti a Lima perché risollevò l'economia e sconfisse i terroristi marxisti di Sendero Luminoso (che fecero migliaia di morti), da 10 anni era in prigione dopo una sentenza di condanna a 25 per crimini contro l'umanità.

Ecco, usiamo l'imperfetto «era» e non il presente «è» perché, dalla vigilia di Natale Alberto Fujimori non è più in carcere ma libero per l'indulto concessogli da Kuczynski. Un atto dovuto per molti, viste le precarie condizioni di salute de el Chino, come chiamano i suoi tanti supporter l'ex dittatore, che non a caso si trova ora in ospedale per problemi circolatori e di ipertensione. Un atto che però, per la dinamica con cui l'indulto è stato concesso, ricorda molto le migliori tragedie di Shakespeare e ha fatto gridare alla vergogna mezzo Perù e gran parte della comunità internazionale. Già perché, giovedì 21 dicembre, nel primo pomeriggio, nessuno a Lima avrebbe scommesso un soldo.

Accusato di «incompatibilità morale continuata» per avere ricevuto tramite una sua società oltre un milione di dollari da Odebrecht quando era ministro dell'Economia dell'oggi latitante Toledo versamenti tutti dimostrati per ammissione degli stessi vertici della multinazionale brasiliana il conteggio preliminare in Parlamento chiesto da Keiko Fujimori, figlia di Alberto, dava 93 voti contro Kuczynski, ben sei in più degli 87 necessari per mandarlo a casa.

A quel punto, tuttavia, accadeva l'impensabile, ovvero che mentre alcuni «onorevoli» della sinistra del Frente Amplio decidevano chissà perché di astenersi, Kenji Fujimori, altro deputato figlio del sino ad allora carcerato Alberto, iniziava una negoziazione notturna con Ppk. Il risultato era che ben 10 fujimoristi non votavano come chiesto da Keiko per mandare a casa Kuczynski ma, invece, gli salvavano letteralmente la pelle, visto che senza immunità presidenziale il destino di PPK sarebbe stato a breve lo stesso di Ollanta e di Toledo, ovvero il carcere preventivo.

Poche ore dopo Ppk saldava il suo debito con Kenji, ordinando la liberazione immediata di Alberto Fujimori.

Da allora a Lima il Natale non è più lo stesso per le migliaia di peruviani che da due giorni sono in strada a protestare come titolava ieri il quotidiano peruviano La Segunda «contro il patto della vergogna tra corrotti.

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