La rivoluzione delle rughe Rossellini sfida il tempo. Sarà testimonial a 65 anni

Scartata a 40 anni perché considerata troppo vecchia. Ma oggi l'attrice riconquista la scena

La rivoluzione delle rughe Rossellini sfida il tempo. Sarà testimonial a 65 anni

La chiamano già vendetta. Ma ha molto più il sapore della rivincita. «Abbiamo fatto un errore. Voglio che quella storia venga riscritta», le ha detto la general manager di Lancôme, Françoise Lehmann. E la storia ha il volto (rughe incluse) di Isabella Rossellini. Mentre la rivincita sta tutta in un numero: sessantacinque. Come gli anni dell'attrice e modella italiana, figlia di Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, diventata nonna la scorsa estate e scelta da Lancôme per la sua nuova campagna, 22 anni dopo essere stata cacciata all'età di 43 dal colosso della cosmetica perché - queste le parole usate per darle il benservito dopo 14 anni di collaborazione - «la pubblicità deve rappresentare i sogni delle donne e le donne sognano di essere giovani». Fuori lei, dentro la spagnola Inés Sastre, allora 23enne. Era il 1996. Il tempo in cui le top model come Carla Bruni e Cindy Craford erano già a fine carriera, anche se sfioravano i trent'anni appena. Ora no, l'azienda si è scusata - il mea culpa è arrivato due anni fa ma la nuova campagna pubblicitaria per una crema-viso parte adesso - e Isabella Rossellini torna a essere non solo il volto dei prodotti di lusso del gruppo L'Oréal ma il simbolo di una riscossa, quella delle donne agées, over sessanta come lei, «libere di invecchiare», ha spiegato il marchio francese alla Milano Fashion Week.

È una rivoluzione, perché mai come in questo momento, nel cinico mondo della bellezza, ad avere la meglio sono proprio loro. Marc Jacobs nel 2014 ha scelto Jessica Lange prima (anche lei a 65 anni, oggi ne ha 68) e Susan Sarandon dopo (era il 2016 e lei di anni ne aveva 70). Nars Cosmetics nello stesso anno ha voluto la 68enne Charlotte Rampling. L'Oréal si è affidata a Jane Fonda nel 2016 (vigilia dei suoi 80 anni) e all'attrice Helen Mirren un anno fa (vigilia dei 70). Questione di marketing, certo. Secondo i calcoli di Lancôme nel 2020 le sessantenni saranno 500 milioni, il 15% della popolazione mondiale. Ma questione anche culturale nell'era della nuova rivolta femminista del #metoo. Anche perché le ultraquarantenni di Hollywood, capogruppo la star Meryl Streep, oggi 69 anni, e di nuovo Helen Mirren, avevano denunciato appena due anni fa il sessismo anagrafico dell'industria cinematografica. La statunintense Maggie Gyllenhaal rivelò di essere stata bocciata per il ruolo in un film perché considerata troppo vecchia per recitare nei panni dell'amante di un uomo di 55 anni. Lei di anni ne aveva 37. Invece ora Isabella Rossellini farà ritorno anche sul grande schermo, con due pellicole in uscita (Vita and Virginia e dopo aver prestato la sua voce a Gli Incredibili 2).

Non sembra dunque un caso che a guidare la rivolta sugli eccessi della battaglia femminista contro le molestie sia stata la diva francese Catherine Deneuve, dall'alto dei suoi 74 anni, in compagnia di Brigitte Bardot, oggi 83, nell'epoca in cui al fianco del più giovane presidente della storia di Francia c'è Brigitte, prèmiere dame di 64. Perché bellezza e fascino non hanno età, come provano Sharon Stone (59) e la nostra Stefania Sandrelli (71). E neppure la grinta, come ha dimostrato ironicamente sul palco di Sanremo, al seguito del gruppo musicale Lo Stato Sociale, l'acrobatica vecchina Paddy Jones, 83 anni.

Sarà anche per questo che comincia a cadere il tabù dei capelli bianchi, portati con orgoglio dalla sessantaduenne, di potere, la presidente del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde.

Non chiamatele vecchie, insomma.

Perché la terza età - lo hanno rivelato gli italiani in un'indagine dell'Università Cattolica di Milano - ha svelato che solo il 15% dei nostri connazionali e il 28,8% delle connazionali fra i 65 e i 74 anni dichiara di sentirsi «anziano».

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