Cronache

Il robot non ce l'ha fatta: niente stazione spaziale (ma la colpa è dell'uomo)

Fluttuazioni impreviste, aggancio fallito alla Iss L'intelligenza artificiale non sbaglia, la nostra sì

Il robot non ce l'ha fatta: niente stazione spaziale (ma la colpa è dell'uomo)

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Il robot non ce l'ha fatta: niente stazione spaziale (ma la colpa è dell'uomo)

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Q uant'è fica l'intelligenza artificiale. Ancora non siamo così avanti come vediamo nella fantascienza, ma già adesso spesso preferisco parlare con Siri che con molti umani, per non parlare di una donna quando mi dice: «Ti devo parlare».

Piuttosto penso a Fedor, al povero Fedor, il primo astronauta antropomorfo che ieri doveva arrivare sulla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, e invece la sua navetta ha fallito l'aggancio. Ma aspettate, non pensate male, mica per colpa di Fedor. Perché la navetta Soyuz su cui era a bordo Fedor non può essere controllata da remoto (per esempio dagli astronauti che sono sulla ISS) ma solo manualmente, e quindi Fedor si è dovuto attaccare al tram, e un tram nello spazio serve a poco.

Fedor avrà pensato quello che avrei pensato io al suo posto: ma cosa mi avete costruito antropomorfo a fare se non posso pilotare? Tanto valeva mandarmi a Ballando con le stelle come Robozao, magari rimediavo pure una cena con Selvaggia Lucarelli, e avrei comunque ballato meglio di Razzi in doppiopetto rosa. In realtà Fedor è antropomorfo per aiutare gli astronauti della ISS nei lavori di precisione, sebbene anche qui non si capisca perché debba essere antropomorfo e non una sfera con braccia meccaniche o altro.

Non lo hanno progettato per guidare un'astronave, geniali. Un essere umano avrebbe attraccato manualmente, Fedor no. Elon Musk, lui sì davvero geniale, oltre a aver inventato un razzo riutilizzabile, che riatterra da solo, progetta automobili in grado di guidarsi da sole, e probabilmente un domani nessuno guiderà più (riducendo sicuramente il numero di incidenti), ma non è che ha messo al posto del guidatore un pilota antropomorfo tanto per appagare la nostra sete di antropomorfismo. Il robot antropomorfo serve a tranquillizzare noi e la nostra struttura neurologica di interazione sociale. Il mio neuroscienziato di riferimento, Giorgio Vallortigara (ormai collaboratore occulto del Giornale, visto che lo chiamo ogni due giorni come fosse un robot, devo decidermi a pagarlo), mi spiega che non c'è nessuna ragione specifica perché un robot debba avere una testa simil-umana, con due occhi e una bocca, con un'espressione rassicurante: è solo importante per noi, per riconoscerlo come nostro simile.

Siamo delle macchine biologiche anche noi animali umani, ma proprio perché frutto della selezione naturale di centinaia di milioni di anni, che ha riciclato e utilizzato il materiale che aveva a disposizione (sterminando milioni di specie viventi), siamo tutt'altro che perfetti, perché copiarci? Forse perché siamo abituati a sentirci dire che il corpo è una macchina perfetta, mentre col cavolo lo è. Non per altro lo scienziato cognitivo statunitense Daniel Dennett paragona gli esseri umani a dei robot, non i robot agli esseri umani. Gli esseri umani sono dei robot imperfetti, il nostro corpo un accrocco di adattamenti: nessun ingegnere avrebbe progettato per esempio il nervo vago, che collega il cervello alla laringe, con un percorso lungo e tortuoso che dalla scatola cranica passa sotto al cuore per poi risalire, neppure Toninelli avrebbe concepito un'assurdità simile.

In ogni caso ogni volta che noi umani facciamo qualcosa di antropomorfo fallisce.

Come il robot antropomorfo che comprò Alberto Sordi nel film Io e Caterina, per liberarsi dalle donne stronze, per poi scoprire che anche il robot, essendo antropomorfo, era altrettanto stronzo (forse perché Caterina era un'antesignana di una femminista del #metoo).

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