«Roma amava le donne ma sono serviti 28 secoli per lasciarle governare»

Lo storico: «Da Livia a Cornelia, potenti ma dietro le quinte. La Raggi si meriti l'onore»

Giuseppe Marino

Roma Virginia Raggi l'ha ripetuto spesso, quando era un'ambizione improbabile e ancora fino all'altra notte, quand'è diventata realtà: «Sono la prima donna sindaco di Roma». Ma la scelta dei romani è ancora più innovativa: «Nella sua storia millenaria -dice Valerio Massimo Manfredi, storico e tra i più abili narratori del nostro passato - Roma non ha mai affidato il potere formale sulla città a una donna». Ora invece, la «caput mundi» sarà guidata non da una ma da due donne. A maggio, per la prima volta, è stato nominato anche un prefetto donna nella capitale, Paola Basilone.

Professor Manfredi, dice che l'Urbe figlia della lupa è una città maschilista?

«Non direi, gli antichi romani amavano e stimavano le loro donne. Però è di certo una città maschia. Nelle storie della città ottocentesca ad esempio, i personaggi più caratteristici erano i bulli, quelli cui bastava chiedere al rivale ce l'hai?, l'altro rispondeva ce l'ho, riferendosi al coltello, e il duello iniziava. È ancora una città che non brilla per gentilezza, una città viziata».

Che intende con viziata?

«Ogni anno riceve la visita di milioni di turisti e qualche volta li tratta male, e se si offendono chissenefrega, tanto ce ne sono altrettanti che fanno la fila per andarci. Ma Roma è la capitale d'Italia, non può essere una città da burla. Una situazione come quella che vedi al Colosseo, quei centurioni spennacchiati, non la trovi da nessuna parte nemmeno a Conakry. Ed è più sporca e disordinata del Cairo. Eppure non penso che sia più difficile tenerla pulita del Cairo o di Venezia».

Pensa che una donna in Campidoglio possa fare un lavoro migliore dei suoi predecessori?

«Il sesso non dà alcuna patente. Però dobbiamo essere ottimisti»

Nel passato di Roma ci sono state donne potenti, come se la sono cavata?

«L'unica ad avere una carica formale era la virgo vestalis maxima, la madre superiora delle vestali che tenevano vivo il fuoco sacro. Era un ruolo importantissimo, era preceduta da ventiquattro littori, il doppio dei consoli. Ma aveva esclusivamente attribuzioni religiose. Pregava per la salvezza dello Stato».

Però la storia romana è piena di donne che hanno esercitato il potere. Come Agrippina, la madre di Nerone.

«C'erano le auguste, le mogli degli imperatori. Ma erano potenti in quanto mogli, non avevano attribuzioni politiche formali. Casi come quello di Agrippina, madri supplenti di figli imperatori ancora troppo giovani, erano eccezioni. Ma è vero, ci sono state donne di fatto molto potenti. è il caso di Livia».

La moglie di Augusto?

«Esatto. Ma anche lei ha soprattutto svolto un ruolo importante nella successione ad Augusto. Secondo le dicerie dell'epoca, potrebbe essere stata addirittura lei ad avvelenarlo quando lui andò in visita al nipote Agrippa Postumo che la stessa Livia aveva fatto confinare a Pianosa. Ci andò in compagnia del suo amico Fabio Massimo, la cui moglie era intima di Livia e le raccontò del viaggio segreto. Lei, che aveva assicurato la successione a Tiberio, il figlio di primo letto fatto adottare ad Augusto, temette che il vecchio avesse cambiato idea e con un inganno gli fece mangiare fichi avvelenati».

Da Messalina in giù le romane potenti erano spesso accusate di ordire intrighi.

«Non tutte, di certo agivano dietro le quinte».

Un'altra novità per Roma, se fosse vero che Virginia Raggi sarà manovrata dietro le quinte da Casaleggio.

«Non so se accadrà. Ma è vero che nella Roma antica il ruolo delle donne era sempre legato a quello dei parenti maschi. Sul basamento di una statua di Cornelia è inciso Africani filia, graccorum mater: era stata immortalata in quanto figlia di Scipione, madre dei Gracchi»

Ce l'ha un consiglio per il nuovo sindaco?

«Si ricordi sempre che il suo nome finirà inciso nei Fasti capitolini. Quando toccò a Petroselli, un dirigente del Pci famoso latinista si presentò con un testo che il soprintendente respinse: era troppo lungo. E quello protestò: sono solo tre righe.

La replica lo gelò: Scipione ha una riga sola. Alla fine scrissero: in officio defunctus. Essere sindaci di Roma è un grande privilegio. Il consiglio è di meritarselo, circondandosi di persone impeccabili e di alto profilo, non di politici».

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