Più che perdite, ci sono i ricavi aggiuntivi dalle esportazioni di petrolio e gas. Il ministro delle Finanze di Mosca, Anton Siluanov, ieri ha parlato di un trilione di rubli in più, circa 13,7 miliardi di euro, che la Russia incasserà quest'anno dalla vendita di greggio e gas. «Stimiamo che i ricavi aggiuntivi dagli idrocarburi potrebbero arrivare fino a mille miliardi di rubli, secondo le previsioni elaborate con il ministero dello Sviluppo economico», ha detto. E ha chiarito che le risorse extra verranno usate per finanziare la guerra in Ucraina. Soldi che verranno spesi anche per «ulteriori pagamenti» a pensionati, famiglie con figli e che hanno membri che partecipano all'operazione speciale.
Lo stesso Putin aveva definito le sanzioni dell'Europa «caotiche» e aveva parlato di un aumento degli introiti russi derivanti da gas e petrolio. Del resto gli idrocarburi, il tesoro di Mosca, sono stati risparmiati dalle sanzioni europee e il prezzo del gas volato alle stelle già da prima del conflitto ha fatto incassare il surplus alla Russia. Mentre l'Europa cerca strade alternative al gas di Mosca, senza che vi sia una soluzione nel breve termine, sull'embargo al greggio l'Unione rischia invece l'ennesimo rinvio di una decisione che sembrava presa e che poi è rimasta lettera morta, consegnando a Putin la prima prova di divisone e debolezza dell'Occidente.
È, infatti, ad alto rischio fallimento infatti il Consiglio Ue straordinario che domani e martedì è chiamato a decidere sul sesto pacchetto di sanzioni, il cui cuore è proprio lo stop graduale all'importazione di petrolio russo tra sei mesi. In videocollegamento parteciperà anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un accordo in extremis sul punto è ancora difficile per il no deciso dell'Ungheria, un veto che i contatti diplomatici non sono ancora riusciti ad ammorbidire. Eppure l'annuncio della presidente Ursula Von der Leyen di un imminente stop all'oro nero di Mosca risale ormai a 25 giorni fa. Da allora la più potente delle sanzioni è stata congelata per il veto di Viktor Orbán che si frappone all'unanimità necessaria per il via libera alla misura da parte dei 27. L'Ungheria importa l'85% del suo gas e il 65% del suo petrolio dalla Russia. La mediazione sul tavolo passa dall'ipotesi di una dilazione dell'entrata in vigore per l'Ungheria anche fino a quattro anni, da possibili risorse aggiuntive per compensare l'affrancamento - con fondi europei per adeguare le raffinerie e accelerare sulle rinnovabili - oltre che da un embargo solo sul petrolio via mare, che metterebbe al riparo l'Ungheria dallo stop ai flussi. Scatterebbe così l'esenzione temporanea dell'oleodotto Druzhba che fornisce l'Ungheria di petrolio dalla Russia. Un'altra strada è rimuovere del tutto il petrolio dal pacchetto sanzionatorio, ma si teme un eccessivo depotenziamento degli effetti. Entro oggi gli ambasciatori dovrebbero arrivare a una posizione condivisa da portare al consiglio. Sul tavolo anche gli aiuti militari e diplomatici all'Ucraina e il tema dei finanziamenti di RepowerEU, piano europeo per uscire dalla dipendenza russa.
Se la Russia incassa il surplus su gas e petrolio, deve però anche far fronte al rischio default verso cui la spingono gli Stati Uniti. Venerdì sono scaduti i termini per il pagamento di circa 100 milioni di dollari di interessi su due eurobond, uno denominato in dollari e uno in euro in scadenza nel 2026 e nel 2036. Mosca ha 30 giorni per pagare.
L'Autorità russa di regolazione dei pagamenti ha dichiarato di aver ricevuto la provvista da Mosca e l'addebito degli interessi sul suo conto. Ma l'esenzione concessa dagli Usa alle sue banche per ricevere i pagamenti russi non è stata rinnovata. Il ministro Siluanov è al lavoro.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.