Milano Il sindaco di Milano Giuseppe Sala deve - o dovrebbe - negare patrocini, spazi pubblici e contributi di qualunque natura alle associazioni e alle sigle che «non garantiscono di rispettare i valori sanciti dalla Costituzione, professando o praticando comportamenti fascisti, razzisti, discriminatori verso ogni orientamento e identità di genere».
Lo stabilisce l'ordine del giorno approvato ieri dal Pd, dalla sinistra radicale e dal Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale. Un «patentino» o «daspo» ai fascisti che aveva già sollevato polemiche prima di Natale, presentato come mozione, affossato dal centrodestra con una mole di emendamenti e riportato in aula ieri sottoforma di ordine del giorno e pertanto non modificabile. Un trucchetto che non cambia la sostanza. Lo hanno ripetuto in tutte le salse gli esponenti di Forza Italia, Lega e centristi, «siamo di fronte all'ennesima crociata ideologica e anacronostica - ha incalzato il capogruppo azzurro Gianluca Comazzi - della sinistra che, andando contro lo stesso statuto comunale, pretende da cittadini e associazioni di aderire al pensiero unico della maggioranza di Palazzo Marino».
Ma persino il segretario generale del Comune di Milano, a cui è stato richiesto un parere in aula, ha dovuto ammettere con un certo imbarazzo che il testo approvato dalla sinistra è un bluff: «Non so quanto sia facile dare attuazione al testo nella pratica, sarà difficile dimostrare preventivamente l'esercizio di comportamenti fascisti o razzisti a meno che non ci siano delle condanne pregresse. Può essere l'espressione di una volontà di rafforzare alcuni valori, non dovrà comunque essere attuato, anche se approvato, se contrasta con le leggi vigenti». È un'iniziativa, affonda l'esponente centrista Matteo Forte, «che avrebbe potuto essere approvata in un Paese dell'Est prima del crollo del muro di Berlino, introduce concetti da stato di polizia».
Il Pd ha avvertito che non basterà che un'associazione che aspiri a spazi o contributi del Comune firmi una carta dei valori antifascisti, «si andrà a controllare anche l'attività pregressa e ci assicureremo che sui siti internet non compaia alcun riferimento a proclami fascisti e razzisti». Un testo che - semmai applicato - si esporrebbe a una valanga di ricorsi.
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