Coronavirus

Il "sì" dei costituzionalisti: "Il pass per andare al bar? Non limita alcuna libertà"

Cassese e Flick: l'interesse collettivo alla salute giustifica la compressione delle scelte dei singoli

Il "sì" dei costituzionalisti: "Il pass per andare al bar? Non limita alcuna libertà"

Via libera. Mentre infuria il dibattito politico sulle nuove norme anti-Covid allo studio sul modello francese, da due dei massimi costituzionalisti italiani arrivano pareri che sembrano spazzare via ogni dubbio: esiste un interesse collettivo alla salute che giustifica la compressione delle scelte dei singoli. Sia che si tratti di vietare l'ingresso al pub a chi non è vaccinato, sia che si voglia imporre per legge la profilassi a intere categorie. Come, per esempio, gli insegnanti.

A spiegarlo al Giornale sono Giovanni Maria Flick e Sabino Cassese, entrambi docenti universitari, entrambi a lungo giudici costituzionali (Flick della Consulta è stato anche presidente, tra il 2008 e il 2009). Con accenti diversi, e con predilezioni diverse sulle singole scelte, entrambi sono netti nel ricordare che le esigenze di un paese vengono prima delle scelte dei singoli.

In realtà, spiega Cassese, la Costituzione non impedirebbe affatto neanche la scelta più radicale, ovvero l'imposizione dell'obbligo del vaccino a tutti gli italiani: «L'articolo 32 dice che nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizioni di legge". Quindi la previsione per legge di un trattamento obbligatorio è contemplata dal nostro ordinamento, d'altronde già dal 2017 sono obbligatorie per legge dieci vaccinazioni per i minori di sedici anni. Per rendere obbligatoria anche la vaccinazione Covid servirebbe una norma apposta, un atto con forza di legge. E io ritengo che ben potrebbe il governo intervenire in questo modo».

Mario Draghi non sembra avviato su questa strada. Ma anche la strada alternativa, ovvero il divieto per i non vaccinati di prendere l'autobus o frequentare i locali pubblici, secondo Giovanni Maria Flick sarebbe inattaccabile. Non sarebbe una compressione illegittima della libertà individuale? «Niente affatto. Divieti simili sarebbero una sanzione meno afflittiva del carcere o di una multa, e probabilmente ancora più efficace. Gli unici criteri che il nostro ordinamento impone per sanzioni di questo genere sono la ragionevolezza e la proporzionalità. E sfido chiunque a sostenere che simili restrizioni siano irragionevoli o sproporzionate di fronte all'esigenza di portare il paese fuori dalla pandemia. Non vuoi vaccinarti? Vai a piedi e mangi a casa tua».

L'importante, ricorda Cassese, sarebbe comunque, al momento di varare la norma, «raccordarsi bene con il testo europeo sul green pass». Certo, le reazioni di queste ore - anche dall'interno della maggioranza di governo - dicono che il divieto di accesso in luoghi pubblici ai novax faticherebbe ad essere approvato. «Ma allora - dice ancora Cassese - se proprio non si vuole imporre il vaccino a tutti, esiste una strada ragionevole: lo si potrebbe almeno imporre per le categorie e i contesti dove la circolazione del virus è più facile e pericolosa, come è stato fatto per i medici e gli altri operatori della sanità». Tra i lavoratori coinvolti è facile immaginare che qualcuno griderebbe alla discriminazione: la legge non deve essere uguale per tutti? «Se il trattamento sanitario viene applicato a tutti i luoghi pubblici o aperti al pubblico dove più persone si ritrovano contemporaneamente non sarebbe discriminatorio, perché riguarderebbe intere categorie». Sarebbe legittimo, ad esempio, imporre con atto con forza di legge il vaccino a tutti gli insegnanti? «Sì, non c'è dubbio. Altrimenti si rischia il paradosso: mens sana in corpore infirmo».

A indirizzare le scelte, Flick ricorda che deve essere un criterio in fondo semplice. «Basta leggere - dice il presidente emerito della Consulta - il primo comma dell'articolo 32 della Costituzione: che tutela la salute non solo come "fondamentale diritto dell'individuo" ma anche come "interesse della collettività". E' ovvio che il contenimento della pandemia che stiamo tuttora attraversando è un interesse essenziale della collettività nazionale. E tutti sono obbligati a fare la loro parte. La Costituzione stabilisce dei diritti ma anche dei doveri. Articolo 2: "adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". Vaccinarsi oggi è uno di questi».

Anche davanti a vaccini elaborati e testati in pochi mesi? «Tutti i dati confermano l'efficacia e la buona tollerabilità dei vaccini nella stragrande maggioranze dei casi.

L'unica ipotesi davanti a cui l'obbligo di solidarietà viene meno può essere quello di patologie accertate incompatibili con la somministrazione».

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