Cronache

"Sì al ritorno in classe. La curva sta risalendo per i rapporti sociali"

Il direttore scientifico dello Spallanzani: "Le zone colorate? È necessario semplificare"

"Sì al ritorno in classe. La curva sta risalendo per i rapporti sociali"

Favorevole alle lezioni in presenza. Il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Inmi Spallanzani, nell'analisi del quadro epidemico sottolinea che la priorità comunque va data all'apertura delle scuole.

Professore ritiene opportuno correggere i parametri abbassando la soglia superata la quale si entra in zona rossa?

«Le misure di mitigazione dell'infezione devono essere proporzionali e sostenibili, permettendo il massimo dell'attività socio-economica compatibile con l'andamento della curva epidemica, proteggendo nello stesso tempo il nostro sistema sanitario. Il dato centrale da considerare a mio giudizio è l'andamento dei ricoveri negli ospedali e il tasso di riempimento delle terapie intensive, che devono essere tenuti sotto i livelli di guardia. Questo è il motivo per il quale si sono abbassati i parametri del numero di riproduzione Rt, ma soprattutto la ragione per la quale il passaggio da una zona ad un'altra è determinato sia dai parametri epidemiologici, numero Rt, incidenza dei casi, sia dai parametri sanitari, indice di affollamento delle strutture».

La suddivisione per colori è stata una scelta efficace?

Chiaramente il ricorso ai colori è una forma di semplificazione di un processo. Vengono messi in relazione le misure di mitigazione con la situazione complessiva del territorio. Ci sono molti contagi e gli ospedali sono in sofferenza? Dobbiamo stringere le maglie e limitare le interazioni. I contagi diminuiscono, il tracciamento è efficiente e gli ospedali riescono a gestire la situazione? Riapriamo con giudizio le attività economiche e sociali. Con questo virus dobbiamo imparare a convivere, trovando il necessario equilibrio tra le esigenze di salute pubblica e quelle dell'economia».

La ripresa è dovuta alla variante più contagiosa o all'aumento delle interazioni sociali durante le feste?

«Non abbiamo dati a sufficienza per misurare quanto la cosiddetta variante inglese sia diffusa nel nostro Paese: sappiamo che circola, allo Spallanzani l'abbiamo identificata, sappiamo che probabilmente si trasmette con maggiore facilità, ma sino a prova del contrario dobbiamo ritenere più probabile che la ripresa del numero dei casi positivi di questi ultimi giorni sia dovuto piuttosto all'incremento delle interazioni sociali nel periodo precedente e a cavallo delle festività natalizie».

Le scuole erano chiuse quindi l'inversione della tendenza certo non è attribuibile alle lezioni in presenza. Quando secondo Lei anche i ragazzi delle superiori potranno tornare in classe?

«Sono da sempre a favore della ripresa delle attività scolastiche in presenza. Ricordo che è passato quasi un anno da quel 5 marzo nel quale furono interrotte le lezioni, e ancora oggi la prima cosa a cui si pensa quando salgono i contagi è chiudere le scuole o non riaprirle. D'altra parte gli studenti hanno poche possibilità di fare pressioni sul governo: ma con tutto il rispetto, tenere aperte le scuole dovrebbe stare molto più in alto nelle priorità nazionali rispetto alla riapertura delle chiese, dei cinema, dei centri commerciali o degli impianti sciistici».

Vi aspettate un rialzo incontrollato della diffusione del virus?

«Nelle prossime due settimane avremo i risultati, in termini epidemiologici, dei comportamenti tenuti durante le festività natalizie e, ripeto, l'indicatore principale da tenere d'occhio è il livello di affollamento delle strutture sanitarie. Io sono però abbastanza ottimista, sia perché gli italiani, pur con le solite deprecabili eccezioni, sanno comportarsi responsabilmente, ma anche perché, rispetto a qualche mese fa, adesso abbiamo un'arma in più, il vaccino. Man mano che vaccineremo le categorie più a rischio si ridurranno le forme gravi della malattia, e con esse le ospedalizzazioni, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi. Vale la pena di ricordare che di Covid-19 in Italia a oggi sono morte quasi 80.

000 persone, e che nel 2020 in Italia il tasso di mortalità, ovvero il rapporto tra i decessi per qualunque causa e la popolazione complessiva, ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni della Seconda Guerra Mondiale».

Commenti