«Sacramenti dai diaconi. Valga per tutti»

Il presidente dell'Accademia per la vita: «Non servono funzionari del sacro»

«Sacramenti dai diaconi. Valga per tutti»

«Il Sinodo sull'Amazzonia è stato un grande atto di coraggio: attenzione a non ridurlo ad alcune scelte che il Papa ha chiamato ecclesiastiche», come la questione dei preti sposati. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, è stato uno dei padri sinodali e traccia un bilancio dei lavori.

«Il Sinodo è stato un grande atto di coraggio sia civile che religioso. Per tre settimane la chiesa cattolica si è presa cura dell'Amazzonia, una terra che sta vivendo gravissime devastazioni ambientali e tragiche oppressioni dei popoli che la abitano. Papa Francesco ha accolto questa sfida in tutta la sua gravità, consapevole che questa parte così peculiare della terra ha una ricaduta sull'intero pianeta. Già Wojtyla e Ratzinger avevano detto che la pace mondiale è minacciata anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura. In effetti, ci troviamo di fronte a un'emergenza mondiale. Il documento finale ha raccolto il duplice grido dell'Amazzonia e dei suoi popoli. In tal senso direi che tutta la chiesa in queste settimane è stata in Amazzonia».

Nel paragrafo 111 si parla della possibilità di aprire il sacerdozio agli sposati. Lei ha votato a favore? Cosa succederà ora?

«Sì, io ho votato a favore. Una prima riflessione da fare riguarda il diritto delle comunità cristiane all'Eucarestia. Purtroppo molte ne sono prive per anni. Dobbiamo interrogarci: come offrire loro il pane della vita e il calice della salvezza? Il dibattito è stato vivace. Ma non si tratta di trovare funzionari del sacro quanto di suscitare vere e proprie diaconie della fede. Una delle prospettive individuate è quella dei diaconi permanenti con famiglia. Il testo approvato chiede di considerare la possibilità che questi diaconi permanenti, laddove ce ne fosse bisogno, possano celebrare i sacramenti».

E questo varrà solo per l'Amazzonia?

«No, nel paragrafo si scrive che questa prospettiva richiede un approccio universale, cioè si offre un'apertura che la chiesa universale deve individuare se ci sono altre aree analoghe. Papa Francesco più volte ha ripetuto che vanno avviati dei processi. Non è un diktat che cambia la storia, è un processo da avviare. La chiesa risponde a dei bisogni e deve trovare delle risposte».

Come risponde alle critiche mosse a questo sinodo di relativismo e panteismo?

«Non c'è stato nessun cedimento. È stato dibattuto vivacemente il tema dell'inculturazione. L'idea è chiara: il Vangelo è come il lievito che deve fermentare le culture, sviluppando ciò che in esse rende la società più fraterna, e purificandole da ciò che le rende più tribali, più ripiegati su se stesse e quindi meno cristiane».

Cosa cambierà ora?

«Mi auguro che i capi di Stato seguano l'esempio del Papa perché comprendano che l'Amazzonia riguarda tutto il pianeta che non a caso chiamiamo villaggio globale.

Certo, anche i popoli dell'Amazzonia debbono avere un sussulto di impegno per rendere questa parte del Pianeta luogo di fraternità. E le Chiese del mondo sono invitate a meditare tutto il documento finale e non ridurlo ad alcune scelte che il Papa ha declassato a scelte ecclesiastiche».

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