Quel "safari" tra i migranti diventati attrazione turistica

L'agenzia Migrantour organizza "passeggiate interculturali" nei quartieri etnici di Torino, Milano, Firenze, Genova e Roma

Quel "safari" tra i migranti diventati attrazione turistica

C'è la coppia di universitari che ha appena finito di pranzare al centro sociale e la signora radical chic che si stringe nello scialle di cachemire himalayano comprato al mercato equo-solidale. Qualche ragazzina annoiata che sbircia il cellulare di nascosto e il trentenne single che vuole trascorrere il sabato pomeriggio all'insegna dell'engagement multietnico. Si ritrovano in una libreria in centro a Torino per partecipare a una delle cosiddette «passeggiate interculturali» organizzate da Migrantour, l'agenzia turistica che promuove l'ultima frontiera dei viaggi politically-correct.

Visite guidate alla scoperta di un mondo di solito poco esplorato dai grandi attori del mondo del turismo: i luoghi e la cultura dell'immigrazione.Grazie al progetto Migrantour, generosamente co-finanziato dall'Unione Europea, dietro pagamento di una modesta somma di denaro si può essere iniziati ai misteri dell'immigrazione grazie alla guida di accompagnatori... migranti. A Torino, Milano, Firenze, Genova e Roma guide «multiculturali» conducono i turisti alla scoperta di quartieri e periferie dove gli italiani sono ormai in minoranza. Nella città ambrosiana le chiese del Romanico lombardo lasciano spazio a una puntata nell'erigenda moschea, mentre all'ombra della Mole la storia dei partigiani si affianca alla spiegazione di culti e tradizioni degli immigrati latino-americani.

La «passeggiata» torinese a cui prendiamo parte si snoda tra un supermercato etnico dove fare shopping di prodotti peruviani e la chiesa che custodisce l'immagine del Signore dei miracoli tanto cara alla fede dei cattolici andini. Sono previste brevi lezioni di lingua quechua e assaggi del famoso tè alle foglie di coca. Le accompagnatrici sudamericane sottolineano con insistenza le affinità tra l'emigrazione italiana del secolo scorso e l'ondata di arrivi che occupa in questi mesi le prime pagine dei giornali un parallelo che è accolto con convinti cenni d'assenso dal pubblico che ascolta in silenzio.

L'atmosfera è sussiegosa, i partecipanti sembrano molto soddisfatti mentre sgranocchiano la banana liofilizzata offerta dagli accompagnatori sudamericani: le visite, spiegano i responsabili di Migrantour, servono a favorire l'integrazione e a sfatare i pregiudizi grazie alla conoscenza reciproca delle varie culture.

Tuttavia, se il pubblico è variegato, in gran parte proveniente dal bacino dell'agenzia turistica politically correct (ed esclusiva) «Viaggi Solidali», gli unici migranti presenti sono le due accompagnatrici turistiche. Fra i paganti, insomma, non c'è nemmeno uno straniero. «Effettivamente gli immigrati partecipano soprattutto se sono inseriti all'interno dei gruppi scolastici - spiegano imbarazzati da Migrantour -. L'anno scorso avevamo offerto delle passeggiate, gratuite, agli immigrati appena arrivati in Italia. Ma più che a illustrare loro la storia e le tradizioni locali, allora l'obiettivo era quello di mostrare loro i servizi del territorio».

Una spiegazione singolare, se si pensa che la reciproca conoscenza di italiani ed immigrati viene promossa con un'iniziativa a cui partecipano quasi solo i primi.Un peccato, a pensarci bene. Perché se davvero la Ue intende favorire l'integrazione, forse potrebbe adoperarsi perché gli immigrati conoscano non solo le opportunità offerte loro, ma anche gli usi e le tradizioni delle comunità che li accolgano.

I «migran-turisti», però, non sembrano porsi la domanda.

Applaudono contenti e garantiscono: torneremo alla scoperta dei prossimi «quartieri». Dove gli immigrati osservano, muti e curiosi, e si domandano: ma se proprio vogliono conoscere la nostra cultura, perché non vengono a parlarci?

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