L'unico terrorista sopravissuto del commando di Parigi finalmente apre bocca, ma per dire solo delle bestialità sulla lunghezza d'onda della propaganda jihadista. Salah Abdeslam rivolgendosi ai familiari delle vittime dell'attacco nella capitale francese del 13 novembre 2015 li ha invitati a «mettere da parte la rabbia e ragionare per qualche minuto. Soffrite solo per gli errori dei vostri leader». In pratica i loro cari massacrati dai kamikaze se la sono cercata per colpa di presidenti e primi ministri europei regolarmente scelti da elezioni democratiche, che hanno deciso di dichiarare guerra al terrorismo. Le colpe della Francia sono cominciate con l'operazione militare in Mali, che rischiava di diventare una provincia del Califfato.
Salah è stato catturato nel quartiere di Molenbeek a Bruxelles quattro mesi dopo gli attentati di Parigi e pochi giorni prima dell'attacco suicida nella metro e all'aeroporto della capitale belga. Oggi è detenuto nel carcere di massima sicurezza francese di Fleury-Mérogis e fin dall'inizio del processo a Parigi non aveva mai aperto bocca. Se non per confermare che non voleva alcun avvocato precisando che si «affida totalmente ad Allah». Nei giorni scorsi dopo un intervento per appendicite è stato riportato davanti al giudice e per la prima volta ha ritrovato la parola rivendicando, di fatto, gli attentati. «Non vi attacchiamo - ha dichiarato riferendosi agli occidentali - perché mangiate il maiale, bevete il vino o ascoltate la musica. I musulmani semplicemente si difendono da chi li attacca». Peccato che i tagliagole dello Stato islamico, che hanno pianificato gli attentati di Parigi e Bruxelles, avevano già da tempo sparso sangue e terrore in Siria ed Iraq massacrando chiunque intralciasse il cammino verso il Califfato. Solo con grave ritardo gli alleati a guida americana, comprese le truppe italiane nel nord dell'Iraq, sono intervenuti per dare man forte alle forze locali nella liberazione delle «capitali» delle bandiere nere come Mosul e Raqqa.
Per Salah, già condannato a 20 anni di carcere dalla giustizia belga per la sparatoria durante il suo arresto, la colpa è nostra, degli «infedeli», che abbiamo bombardato i tagliagole dello Stato islamico provocandone la reazione in Europa. A conti fatti sulla bilancia del terrore fra Parigi e Bruxelles sono stati uccisi 150 innocenti, ma il Califfato è sparito dalla cartina geografica.
Salah non è un fulmine di guerra e conosce ben poco i veri pilastri dell'Islam. Il suo avvocato belga ha rivelato che il terrorista non aveva mai letto il Corano e paragonato «la sua intelligenza ad un portacenere vuoto». Anche sull'attacco di Parigi non è ancora chiaro come mai sia sopravvissuto alla cellula suicida. Ufficialmente la cintura esplosiva che avrebbe dovuto far esplodere era difettosa e sarebbe stata ritrovata in un cestino. Non si esclude che all'ultimo momento il super terrorista non abbia trovato il folle coraggio di immolarsi per la guerra santa.
Di origini marocchine è nato nel 1989 nel quartiere di Molenbeek a Bruxelles, culla jihadista.
In realtà Salah fino a 25 anni era un piccolo criminale e spacciatore che si arrangiava nel sottobosco di Bruxelles. E allora non disdegnava i 19mila euro incassati come assegni di disoccupazione dal governo belga, che oggi annovera fra i responsabili della reazione terroristica dello Stato islamico in Europa.
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