Salpa la nave dei centri sociali Preti rossi e denunce a Salvini

La Mar Jonio di Casarini torna con la benedizione della Chiesa e un don a bordo. Denuncia al ministro: diffamati

N on solo migranti da salvare, ma anche ministri «cattivi» da denunciare e Sante Messe da recitare con l'aiuto di un prete promosso a cappellano di bordo e la benedizione delle autorità episcopali italiane. E la nuova, tripla, santa missione di «Mar Jonio», la nave dei centri sociali gestita da Luca Casarini e dalla Ong italiana «Mediterranea Saving Humans» partita dal porto di Marsala alla volta delle coste libiche. Per festeggiarne il recente dissequestro e salutarne la nuova ambiziosa missione Alessandro Metz, l'armatore del bastimento dei centri sociali, ha innanzitutto depositato una denuncia contro Matteo Salvini. Il ministro degli Interni è, a suo dire, colpevole di «calunnia e diffamazione aggravata» per la recente direttiva, indirizzata ai vertici militari, in cui si segnalano le attività illecite dell'ex-rimorchiatore accusato di operare illegalmente all'interno della zona Sar libica e di favorire l'immigrazione irregolare. Una denuncia che solo l'impegno di un magistrato compiacente potrà trasformare in un'autentica inchiesta.

Ma le vie del Signore, si sa, sono infinite. E quella di qualche suo servitore sembra addirittura allineata con quella della «Mar Jonio» e dei centri sociali. La partenza da Marsala è coincisa infatti con l'arrivo a bordo di Don Mattia Ferrari, un prete 25enne proveniente da Nonantola, nella diocesi di Modena, pronto ad accompagnare con messe e preghiere un equipaggio non proprio avvezzo a orazioni e sacramenti. «In effetti qui sono tutti atei e agnostici, ma c'è si consola Don Mattia - un bel clima di fratellanza i ragazzi di Mediterranea hanno un gran rispetto per Papa Francesco. E un fatto è certo, il Vangelo, oggi, passa anche dal Mediterraneo». Anche perché quel che più conta nella missione di Don Mattia non è la fede, ma la politica. Se cosi non fosse l'avventura di questo pastore alla ricerca di anime assai perdute non godrebbe della preventiva autorizzazione di ben due vescovi e della Fondazione Migrantes, organo che fa capo alla Conferenza Episcopale Italiana. Anche l'identità di almeno uno dei due patriarchi preoccupatisi di conferire una cornice ecclesiale alle messe in mare di Don Ferrari è di qualche importanza. Se il via libera di Monsignor Elio Castellucci, vescovo di Modena, la diocesi da cui arriva Don Mattia, era indispensabile la benedizione del vescovo di Palermo, Corrado Lorefice è, invece, assai rilevante da un punto di vista politico religioso. Monsignor Lorefice è conosciuto, infatti, per la sua vicinanza ad un Papa Bergoglio che ha più volte reiterato il suo appoggio ai migranti indirizzando parole di condanna a tutte le autorità colpevoli di ostacolarne l'arrivo in Europa. La benedizione della Chiesa, e quella implicita del suo Pontefice, è confermata dalle parole del giovane prete.

Un prete apparentemente entusiasta di accompagnarsi a dei militanti di estrema sinistra famosi non tanto per lo spiccato senso caritatevole quanto per le violenze, le razzie e le devastazioni che fan da corollario alle loro manifestazioni. «Sono il cappellano di bordo il mio compito - spiega Don Mattia prima d'imbarcarsi - è rappresentare la vicinanza della Chiesa sia a questi ragazzi che rischiano la vita per qualcosa in cui credono, sia ai migranti che arrivano dalla Libia. Siamo le prime persone che vedranno. Voglio portar loro amicizia, sostegno spirituale e consolazione».

La sua presenza è qualcosa di più della semplice iniziativa di un prete di campagna.

Il suo impegno a dir messa al fianco dei talebani dell'immigrazione è un vero e proprio viatico offerto ai centri sociali dai vertici della Chiesa, che suona da una parte come una condanna del «cattivo» ministro Matteo Salvini e dall'altra come la paradossale santificazione di Luca Casarini e della peggior sinistra antagonista.

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