Alle 8.12 del mattino, per mano alla First Lady Melania, Donald Trump esce per l'ultima volta dalla Casa Bianca e percorre il tappeto rosso che lo avvia verso l'elicottero Marine One in attesa sul Prato Sud della residenza presidenziale. Saluta lo staff e sale a bordo, diretto alla Joint Base Andrews dove è pronto l'Air Force One che lo condurrà in Florida dove ha deciso di risiedere come privato cittadino. E' una scena inedita. E non solo perché l'ultima volta che un presidente uscente degli Stati Uniti aveva evitato di salutare alla Casa Bianca il suo successore correva l'anno 1869. Lo è anche perché Donald Trump si è risparmiato, accomiatandosi di buon mattino, di dover chiedere a Joe Biden come vorrebbe la prassi consolidata il permesso di utilizzare un aereo governativo per il suo trasferimento da Washington: Trump è partito invece da presidente ancora in carica, facendo uso per l'ultima volta del colossale aereo ufficiale che gli competeva fino al giuramento di Biden, poche ore più tardi. Fino all'ultimo, insomma, Donald Trump ha scelto di rimanere un presidente divisivo, incapace di accettare una sconfitta e di riconoscere (se non di rispettare) i valori dell'America che non ha votato per lui.
Quello tra Trump e Biden, del resto, non è stato l'unico saluto mancato in questa giornata così poco convenzionale. Anche il vicepresidente uscente non ha ritenuto opportuno di essere presente al commiato del suo superiore dalla Casa Bianca. Diversi commentatori hanno sostenuto che Mike Pence non avrebbe potuto presenziare alla partenza del Commander in Chief e anche alla cerimonia dell'inaugurazione di Joe Biden, ma non sembra che la tempistica degli eventi giustifichi questa spiegazione. Più probabile che Pence abbia voluto così ulteriormente marcare una sua presa di distanza da Donald Trump dopo gli incredibili fatti del 6 gennaio, forse nella speranza di rimanere politicamente spendibile in vista di futuri incarichi politici di primo piano. Speranza che pare in verità velleitaria, ma nell'America di oggi quasi più nulla stupisce.
Come che sia, dopo un breve volo di quindici minuti il Marine One è atterrato come da programma alla Joint Base Andrews nel vicino Stato del Maryland, dedicata ai voli presidenziali. Nel freddo pungente del mattino di gennaio attendevano Trump e signora scesi dall'elicottero sempre mano nella mano, come a sottolineare che le voci su loro profondi contrasti coniugali altro non fossero che le solite fake news i parenti stretti con l'immancabile figlia Ivanka e un gruppo di fans emozionatissimi. Sembrava, e certamente non per caso, uno dei tipici eventi elettorali «alla Trump» più che il set per il discorso di addio di un presidente uscente. Nell'aria, invece dell'inno nazionale «Star Spangled Banner», echeggiavano le note di una versione americana di «Gloria» di Umberto Tozzi (come sempre utilizzata senza il consenso dell'autore) e solo le ventuno salve di cannone sparate in rispetto del protocollo hanno ricondotto i presenti al senso di un momento che rimaneva comunque storico.
La coppia presidenziale è salita sorridendo e agitando le mani su un palco imbandierato, e Donald Trump si è rivolto ai presenti chissà quanto inconsapevolmente con le stesse parole che aveva usato con gli assalitori del Campidoglio di Washington due settimane prima: «We love you», vi amiamo. Poi ha dato la stura alla sua inconfondibile retorica di facile consumo: «Sono stati quattro anni fantastici la gente ora è felice abbiamo ricostruito le forze armate», e via così. Ringraziamenti a denti stretti al vice presidente Pence che l'ha mollato in articulo mortis, al Congresso che dovrà decidere del suo secondo impeachment e della sua conseguente futura inabilitazione politica, passaggi insolitamente presidenziali del suo breve discorso. Poi la parte da vero e proprio comizio: la rivendicazione del «miracolo medico» di un vaccino messo a punto in tempi record; il rispetto «verso le tante famiglie americane che hanno sofferto per il virus cinese», come ha preferito etichettare il Covid-19; «Pensate a noi quando vedrete accadere ancora nei prossimi anni cose incredibili, perché è merito nostro: senza la pandemia avremmo avuto numeri straordinari in economia anche adesso»; «Auguro fortuna e successo alla prossima amministrazione, che può avvantaggiarsi del nostro lavoro».
Infine, l'atteso appello ai fans a credere in un suo futuro politico: «É stato un onore essere il vostro presidente, combatterò sempre per voi. Ritorneremo, in una forma o in un'altra». Magari con quel suo «partito dei patrioti» di cui si comincia a parlare per prosciugare i consensi repubblicani. Non una parola sul 6 gennaio, come mai fosse accaduto, poi si avvia con Melania verso l'Air Force One, verso la Florida sulle note di «My Way» di Frank Sinatra.
Su questa scena un po' pacchiana i poco imparziali commentatori della Cnn non hanno trattenuto risatine ironiche: perfetta istantanea dell'America spaccata in due che Donald Trump lascia dietro di sé. E che in cuor suo spera di ritrovare identica nel 2024 per riprendersela.
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