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"Il Salva Stati è debito". Il premier non arretra e fa infuriare Pd e Iv

"Non è necessario, troveremo altri modi per finanziare la sanità". Allarme in maggioranza

"Il Salva Stati è debito". Il premier non arretra e fa infuriare Pd e Iv

La svolta grillina del premier Conte fa infuriare gli alleati Renzi e Zingaretti. Il capo del governo ingrana la retromarcia e chiude (per ora) la porta al fondo salva-Stati. È un no secco, che spiazza Pd e Italia Viva. Conte approfitta della vetrina internazionale, la conferenza stampa con il presidente spagnolo Pedro Sanchez, per mettere i patti in chiaro: «Quando parliamo del Mes parliamo dello strumento finanziario, non della politica sanitaria, che abbiamo già definito nel Dpb e nella manovra di bilancio. Non è legata al Mes la nostra politica sanitaria. Non è che se lo prendiamo o no siamo più o meno attrezzati nella reazione sanitaria a questa emergenza». Più che il capo di un esecutivo, sostenuto da Renzi e Zingaretti, Conte, che ieri ha avuto un colloquio telefonico con la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, sembra il leader dei sovranisti. Evoca una modifica del fondo salva-Stati: «Si può pensare a riformare il Mes? Sarà inevitabile interrogarsi sugli strumenti a disposizione molto spesso elaborati in momenti diversi. Ci sono già prospettive per una riforma del Patto di stabilità e crescita che mi piacerebbe cambiasse nome e si chiamasse Patto di crescita nella stabilità e per lo sviluppo sostenibile. Per il Mes è un accordo intergovernativo nato in un contesto specifico: un progetto riformatore già c'è».

L'avvocato del popolo non risparmia una frecciatina a Renzi, che chiede un tavolo politico tra le forze della maggioranza per decidere se aderire o no al Mes: «La verifica per un patto di fine legislatura ci sarà perché è giusto che ci sia un confronto rispetto a un'agenda molto fitta, mettere a fuoco le priorità anche in vista di un arco di governo che durerà fino al 2023. Ma nel confronto che si aprirà tra le forze di governo, il Mes non ha nulla a che vedere con le priorità politiche». La posizione di Conte conferma le anticipazioni contenute nel libro - Perché l'Italia amò Mussolini - di Bruno Vespa. Anche nell'intervista consegnata a Vespa il premier frena: «Il Mes è un debito. Se ne avremo bisogno, vuol dire che aumenteremo il deficit. Si affida al governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco che «ha detto che, visto che nessuno prende il Mes, ci sarebbe uno stigma per chi lo chiede. Io non so quantificare questo stigma. Non posso prevedere le reazioni dei mercati finanziari. Reagirebbero bene o male? Il Sure (il fondo europeo per finanziare la cassa integrazione) lo prendono tutti. Il Mes no. Se fossimo i soli a prenderlo, questo farebbe scattare un segnale di attenzione nei confronti dell'Italia».

Discorso, dunque, chiuso. Ma Renzi non si rassegna: «Se servono soldi - e servono - dire no al Mes, come fanno da sempre Salvini e Meloni e come domenica ha fatto (sbagliando) anche il Presidente del Consiglio, è un errore politico. Di Mes e di tutto il resto discuteremo nel tavolo politico».

Ma per Conte il tavolo politico sul Mes non è all'ordine del giorno.

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