Il Vinitaly che inizia domani a Verona sarà una succursale alcolica di Montecitorio: Salvini, Di Maio, Casellati, Conte, Tajani. E Renato Brunetta, che però picchetterà a pié fermo il suo stand nel padiglione del Lazio. Brunetta è da qualche anno produttore e ricordate la storia che nella botte piccola, eccetera, eccetera. L'azienda si chiama Capizucchi, 25 ettari a Roma Sud, attorno al Santuario del Divino Amore («io lo chiamo Capizucchishire»). La vita da viticoltore sembra averlo ammorbidito: «La convivialità stempera i contrasti ed è molto bello». Anche se dal lunedì al venerdì è sempre il secchione della Camera: «Sono sempre il primo ad arrivare, sto lì alle 8,15 ogni mattina, credo che nessun altro passi tanto tempo a Montecitorio».
Brunetta, però oggi parliamo di vino.
«Ha visto le brochure che le ho mandato? Ha visto che bei giudizi dalle guide?».
Visto. Che vini fa?
«Ho iniziato con un Roma doc a base Cabernet Sauvignon e Montepulciano, il Mater Divini Amoris. Poi è arrivato il Lazio Igt a base Malvasia Puntinata. Poi facciamo quattro monovarietali: Pinot Nero, Passerina, Merlot e Syrah. E abbiamo iniziato a lavorare a una bollicina a base Passerina».
Metodo classico?
«Metodo classico».
Chi la aiuta?
«L'enologo è Lorenzo Costantini, uno bravo. L'azienda la conducono i figli di mia moglie, Dario e Serena Diana, e la moglie Titti cura il marketing».
E lei?
«Io arrivo nel fine settimana. Ho sempre amato l'idea di vivere in campagna. Da bimbo del popolo, a Venezia, giocavo tra le pietre. Nella mia città i giardini ce li avevano solo i ricchi».
Vuole fare i soldi con i vini?
«Fare i soldi? Scherza? Ho fatto un mutuo e quando tra un paio di anni saremo a pieno regime e faremo 250mila bottiglie non dormirò di notte. Va bene la qualità ma poi i vini bisogna venderli per non collassare. E il mercato è difficile, competitivo».
Al massimo li vende ai suoi colleghi politici...
«Guardi, in realtà sono tutti molto interessati al vino. Sono riuscito a creare una commissione intergruppo sul vino e coloro che ne fanno parte hanno firmato una proposta di legge per l'insegnamento nelle scuole della storia e della cultura del vino e delle eccellenze gastronomiche italiane».
Ma le chiedono delle bottiglie? Le chiedono un assaggio?
«A Natale tutti i miei regali erano bottiglie. E ho invitato i deputati del gruppo di Forza Italia e della commissione Agricoltura di cui faccio parte ad assaggiarli in una degustazione in un ristorante romano. In azienda non sono ancora attrezzato per le visite, sto combattendo per costruire la cantina».
A Berlusconi lo ha fatto assaggiare?
«Certo, gliel'ho portato. Ma siccome le sue cene sono sempre molto generose mi sono dispiaciuto di non aver portato più bottiglie, erano solo sei di rosso e sei di bianco».
Che vino è Berlusconi?
«Un'ottima bollicina, un Prosecco o un Franciacorta. Un vino allegro, che si accompagna a tutto e piace a tutti».
Giochiamo ancora: Salvini.
«È più cupo, più duro. Un Barolo. E gli sto facendo un grande complimento».
Di Maio.
«Un Amarone lo educherebbe alla sostanza, alla tenuta, alla visione lunga».
Conte?
«Un Primitivo della sua Puglia, che lo faccia riflettere sul perché si è preso questa rogna».
Renzi?
«Un Chianti Gallo Nero, che gli faccia perdere la sua attitudine cannibalesca che limita la sua grande intelligenza».
Il segretario Pd Zingaretti?
«È simpatico, è romano. Lo invito a bere nella mia vigna il mio rosso».
E la Meloni?
«È un Sassicaia, un vino che non avrebbe dovuto esserci perché prodotto in zone non vocate. Vede come tratto bene i miei competitor?».
Anche troppo. Brunetta, ci vediamo al Vinitaly.
«Aspetti. E Tria?».
Tria?
«Sì, a lui regalerei una bella cassetta che lo tenga saldo nella determinazione di fare l'operazione verità sui conti pubblici».
Altro che cassetta di vino.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.