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Salvini critica Di Maio: se non molla la poltrona...

"Non mi sta simpatico chi lascia un partito senza dimettersi". Ma non chiede cambi al governo

Salvini critica Di Maio: se non molla la poltrona...

Il leader della Lega Matteo Salvini non è un appassionato di cambi di casacca, anzi. Per questo, e non per altre ragioni - così come hanno assicurato fonti della Lega - l'ex ministro ha stigmatizzato la scissione dei «dimaiani» dal MoVimento 5 Stelle. Certo, c'è la perdita di tempo comportata da una scissione tra due esponenti che fanno parte della medesima maggioranza. Le parole scelte dal vertice del Carroccio non hanno bisogno di troppe spiegazioni: «Sono settimane che leggiamo di beghe, litigi, di chi va e di chi viene». E ancora: «Sui giornali leggo che ci sono di mezzo litigi sulle poltrone, sul limite del secondo mandato e che, chi è uscito dal M5s, ha cambiato partito per essere rieletto». Il punto è che l'ex inquilino del Viminale ha fatto intendere di avere un'altra concezione della politica rispetto a chi è entrato in Parlamento sulle ali dell'entusiasmo (lo stesso che da una parte è stato perso e dall'altra rinnegato) delle «piazze del Vaffa»: «Tra un anno si vota - ha aggiunto Salvini - Mi auguro che gli elettori si ricordino di chi ha portato a casa i risultati, e di chi invece cambia partito. Poi chi ha ragione tra Conte e Di Maio (nel tondo) mi interessa meno di zero. Mi fa tristezza chi cambia partito», ha argomentato a Mattino Cinque. La Lega, con il sostegno al governo guidato da Mario Draghi, ha compiuto una scelta di responsabilità. Dopo la fuoriuscita del ministro degli Esteri e della sessantina di parlamentari ex pentastellati dalla creatura politica fondata da Beppe Grillo, le proporzioni in Parlamento sono mutate: la prima forza numerica è diventata proprio il Carroccio. Ma Salvini e i suoi - come ha lasciato trapelare la nostra fonte - non hanno intenzione di chiedere al premier un rimpasto di governo. Sono semmai proprio i grillini ed i «dimaiani» a porsi, chi attaccando e chi rispondendo, il problema della presidenza delle commissioni e, più in generale, quello degli incarichi dipesi dal peso politico che il Movimento ha espresso prima della frattura. Comunque, il giudizio del leghista sulla mossa operata da Di Maio è stato tranchant: «Io sono 30 anni che sono nella Lega e penso che quando cambi partito e non molli la poltrona, simpatico non mi stai». Sullo sfondo di queste considerazioni, però, non risiede una presunta triangolazione con l'ex «avvocato degli italiani» Giuseppe Conte sul tema delle armi da inviare all'Ucraina o sull'atteggiamento da tenere nei confronti dell'esecutivo. Anche perché la risoluzione che avrebbe dovuto comportare chissà quale stravolgimento di equilibri, in fin dei conti, è stata votata tanto dalla Lega quanto dal M5s. Per Salvini la ricetta è sempre la stessa: concretezza.

L'attenzione, ora come ora, è tutta sui ballottaggi di domenica, mentre la speranza è che le spaccature in seno al dissolto M5s non compromettano l'azione del governo.

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