Salvini smonta l'esercito europeo. "Mai in guerra per l'Ucraina"

Il leader lancia una mozione per la pace in tutti i Comuni leghisti: "Non manderemo i nostri figli a combattere". L'omaggio a Kirk. Il piano su flat tax, banche e giustizia

Salvini smonta l'esercito europeo. "Mai in guerra per l'Ucraina"
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nostro inviato a Pontida (BG)

Il volto è tirato, dopo le coliche dell'altro giorno, ma le idee sono affilate come sempre. Matteo Salvini si affaccia sul pratone di Pontida con un'invettiva contro la guerra: "Agli amministratori della Lega, sindaci, assessori e consiglieri chiedo di depositare domani una mozione in tutti i Comuni che ricordi che l'Italia è contro la guerra e che non manderemo mai i nostri figli a combattere in Russia e Ucraina. Non siamo in guerra contro nessuno". Non solo, Salvini aggiunge un "chiaro no all'esercito europeo e al debito europeo".

Giorgia Meloni parla con insistenza della necessità di costruire la gamba europea della Nato, lui ripete una sfilza di no, no a tutte le iniziative che mirano in qualche modo a puntellare quell'edificio traballante che è la Ue. Sul palco si alternano ministri, governatori e sindaci, più gli ospiti stranieri come Santiago Abascal di Vox, Jordan Bardella del Rassemblement National e Fabio Bolsonaro, figlio dell'ex presidente brasiliano Jair. Ma è Salvini a dettare le linee guida del vascello leghista nei prossimi mesi di navigazione. E sulla guerra ribadisce la sua posizione, non proprio in linea con quella della premier che pure si è divincolata dall'abbraccio dei Volonterosi, pronti a spedire le truppe a Kiev, ma tiene un ottimo rapporto con Zelensky. Salvini elenca alcuni grandi temi e detta il programma con pennellate che qualche volta sono vere e proprie rasoiate. Così nel giorno in cui il Regno Unito, Australia e Canada riconoscono la Palestina, il Segretario è tranchant: "L'auspicio di arrivare in futuro a due popoli e due Stati, non è possibile finché ci saranno i tagliagole islamici di Hamas a tenere in ostaggio i bimbi palestinesi e israeliani". Sullo schermo compare il volto di Charlie Kirk, l'influencer ucciso il 10 settembre scorso negli Usa e il leader chiama la folla variopinta, colorata dalle molte bandiere del Leone di San Marco dei militanti veneti, ad applaudire per un minuto. Passano le immagini di quel ragazzo, un maestro di oratoria morto troppo presto, e Salvini attacca il clima di odio e gli estremisti che soffiano sul fuoco. I militanti si commuovono: qualcuno si è portato da casa l'ombrellino per ripararsi dal sole implacabile, altri indossano proprio la maglietta con la scritta Freedom, c'è un clima di festa fra gli stand che distribuiscono gadget e salamelle, ma rispetto ad altre edizioni c'è pure la consapevolezza che il momento è drammatico e il futuro incerto. Ma dal palco il numero uno torna sull'agenda classica, dalla giustizia alle tasse: "Per quanti decenni i governi hanno chiesto la separazione delle carriere... Oggi ci siamo. Ognuna delle sedi della Lega si trasformerà in comitato per il sì al referendum, per ridare onore a quei magistrati che hanno dato la vita: Livatino, Falcone e Borsellino". Ci sarà in primavera un referendum e il Paese si spaccherà, con una mobilitazione per i sì e una per il no, dove è facile immaginare troveranno posto Pd, 5 Stelle, Cgil, Anm più intellettuali vari. Però proprio la parola giustizia farà scintille in primavera, più che non l'autonomia che sembra essersi perduta in qualche corridoio romano. E la flat tax? "Vogliamo estenderla a tutte le lavoratrici e i lavoratori italiani. Pagare meno - è lo slogan - e pagare tutti". Anche se, come si sa, c'è chi lo rovescia e lo legge al contrario: pagare tutti e pagare meno. Insomma, colpire gli evasori per non strangolare il ceto medio che ormai esiste solo nelle pubblicità vintage, stile Carosello, e nei convegni con gli esperti. L'ultima tirata è contro gli immigrati irregolari, i clandestini: "Non li vogliamo, devono tornare a casa". Il vicepremier chiama in causa le banche, perché "contribuiscano ad un grande piano casa", evoca Oriana Fallaci e segna sul calendario la data del 14 febbraio prossimo: "Sabato 14 febbraio tutti insieme saremo protagonisti della più grande manifestazione che si ricordi per la difesa dei valori, diritti, confini e libertà della civiltà occidentale. A testa alta - è la chiusa - con le proprie famiglie e amici". Seguiranno comunicazioni più puntuali.

Giancarlo Giorgetti nel suo intervento ammonisce senza chiamarli esplicitamente in causa vannacciani e partito del Nord, in perenne fibrillazione e in conflitto fra di loro, a non mettere avanti il proprio ego: "C'è un capo e ci vuole rispetto per la gerarchia, altrimenti finiamo come tutti gli altri". Poi sulla manovra: "Il nostro obiettivo è quello di ridurre il carico fiscale e arrivare anche alla pace con i contribuenti".

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