E dopo tanto idillio, è arrivato il giorno delle durezze. «Luigi Di Maio è il nostro candidato premier. O lui o non si fa il governo», avverte secco in mattinata Alfonso Bonafede, fedelissimo di Giggino. Poche ore dopo, la risposta altrettanto rude di Matteo Salvini: «Non è il modo giusto per partire. Se Di Maio dice o io o nessuno, è arrogante e sbaglia, perché a oggi è nessuno. E se dice fuori Forza Italia, è arrivederci». In serata ecco pure Di Maio: «Il 17% degli italiani ha votato Salvini premier, il 14 Tajani, il 4 Meloni. Oltre il 32% ha votato il sottoscritto. Non mi impunto per una questione personale, ma per la credibilità della democrazia. È la volontà popolare quella che conta». Che succede? É cominciata la grande guerra di Palazzo Chigi? O sono solo scaramucce propagandistiche, fumo per segnare il territorio prima che parta il negoziato vero?
I problemi ci sono, e pure tanti, a cominciare dalla freddezza di Bruxelles verso un esecutivo giallo-verde. «Non vogliamo immischiarci nel processo democratico italiano - assicura Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici - però per ridurre l'elevato livello del debito è necessario sostenere la crescita e politiche di bilancio responsabili». Poi c'è la difficoltà di M5s a far digerire alla base e ai suoi eletti un accordo che coinvolga Silvio Berlusconi. Però non sembra che Lega e Cinquestelle siano sul punto di rompere. Gli staff assicurano che la trattativa prosegue, gli sherpa stanno lavorando su un programma condivisibile e i due leader sono in contatto continuo. Presto si incontreranno per fare il punto. «La settimana prossima ci vedremo in campo neutro - racconta Salvini a Porta a Porta - , alla Camera o al Senato». Molte, spiega, le cose da chiarire. «Proporremo a M5s un'idea di Italia non di cinque mesi, ma di cinque anni. Non pretendo di imporre il mio pacchetto, ma tutti devono ritenersi provvisori su questa terra». Soprattutto basta veti e diktat. «Non è il momento per preclusioni e capricci. Non puoi andare in giro a dire o io o niente, che discussione è?». La Lega, aggiunge, «ha già fatto passi indietro» per far partire il lavoro della Camere ,«ma non è che possiamo fare passi indietro su passi indietro». Per Salvini, che giura fedeltà al patto con il Cav, si riparte da un centrodestra unito: «Io sono pronto, c'è una squadra pronta». Di Maio dovrà farsene una ragione. Certo, ci vorrà tempo. Almeno un mese, prevede Salvini. «Farò di tutto per far sì che gli italiani abbiano un governo serio prima possibile. Spero che entro la fine di aprile qualcuno possa salire al Quirinale e giurare». Qualcuno, quindi né lui né Di Maio ma un terzo che garantisca tutti. Questa è l'ipotesi su cui si lavora sotto traccia. Il leader della Lega potrebbe andare al Viminale. «Potrei occuparmi di immigrazione, sicurezza e ordine pubblico. Qualche idea ce l'ho. Il mio obiettivo è la cancellazione della Fornero, la riduzione delle tasse, il controllo dei confini, l'espulsione dei clandestini. Da quello riparto, e lo proporremo come centrodestra unito. Da soli non si va lontano. Abbiamo preso i voti insieme, se Di Maio insiste con Berlusconi, salta tutto».
Ma al di là del Cav, ai Cinquestelle in questa fase non sta bene nemmeno un premier terzo.
«Alle elezioni - sostiene Bonafede - ai cittadini che hanno partecipato con entusiasmo, va data una risposta che non può prescindere da Di Maio premier. Se noi presentiamo un altro nome, non eletto, determiniamo il definitivo allontanamento dalla politica». Però cede sul reddito di cittadinanza: «In questo momento non può essere realizzato». La trattativa continua.
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