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Salvini va per la sua strada: "Pronto a correre da premier"

Da Firenze la sfida del leader della Lega a Berlusconi: "Chi dopo il No vuole governi tecnici non sta con noi"

Salvini va per la sua strada: "Pronto a correre da premier"

Sono io il Trump italiano. O con me o contro di me. È questo il messaggio di Salvini, ebbro del bagno di folla fiorentino. Ad accoglierlo migliaia di cartelli blu «Salvini premier», identici a quelli usati da Trump. Più chiaro di così. E lo dice anche lui, davanti a 15mila persone arrivate da tutt'Italia a conferma che la Lega non è più Lega Nord ma Lega Italia: «Con la Clinton c'erano tutti: banchieri, lobbies, giornalisti, Springsteen e Madonna, che peraltro aveva fatto promesse di alto valore politico». Poi la sorpresa. «Ma avete visto la sera delle elezioni negli Usa? - chiede alla piazza - Ma quanto abbiamo goduto? Ma avete visto le facce dei giornalisti? Io dico grazie ai cittadini americani che ci hanno dato una lezione di democrazia». Ecco, Salvini sente che può fare come Trump: lui, impresentabile, populista, politicamente scorretto, è alla Casa Bianca. Perché non Matteo a palazzo Chigi? «Io candidato? Sono una piccola pedina ma la Brexit e le elezioni americane ci dicono qualcosa. Ci dicono che oggi, da Firenze, si parte. Non ho paura di niente e nessuno. Io la faccia ce la metto». Avanti con o senza alleati.

Senza mai nominare Berlusconi, Salvini si rivolge a lui a muso duro ma non durissimo posto che nella notte due consiglieri azzurri hanno fatto cadere la giunta Bitonci a Padova. Pare che la prima reazione di Salvini fosse stata quella di far cadere tutte le altre giunte comunali governate assieme a Forza Italia. Disegno poi accantonato perché avrebbe potuto travolgere anche Lombardia e Veneto dove governano Maroni e Zaia. A Forza Italia Salvini parla minaccioso: «Mando un messaggio a chi vuole essere nostro alleato: dimostri coraggio e idee chiare. Non è più tempo di re tentenna e di dubbi. Chi è nostalgico di inciuci, di nazareni e di Alfano non sarà mai un nostro alleato». E ancora: «Se dopo la vittoria del No al referendum qualcuno pensa a un governo tecnico, beh... quel qualcuno stia a casa. Non ha più niente a che fare con noi. Dicono: Deciderà Mattarella. E chi è Mattarella? Scelgano i cittadini». Insomma, dopo il 4 dicembre la Lega chiederà di andare al voto subito, altro che larghe intese. Berlusconi è avvisato.

Visto il vento che tira nei paesi anglosassoni, Salvini non si fa problemi ad apparire «populista» perché «non è un insulto. Vuol dire stare col popolo». E il popolo va in visibilio quando Salvini picchia duro sul premier. Lo chiama «bugiardo patologico» e la piazza esplode. Il popolo apprezza quando attacca e Renzi è il bersaglio preferito: «Il bugiardo patologico nell'ultimo mese ce l'ha con l'Europa. Ma lui ha sempre votato come una pecora. Se n'è accordo ora dei danni che fa l'Europa?». E ancora: «Al bugiardo dico: non permetterti di mandare container di scarto ai terremotati perché i posti in albergo spettano agli immigrati». Va in scena il Salvini di lotta: «Domani denunceremo Renzi per la letterina agli italiani all'estero. Avevamo chiesto nomi e indirizzi e ci hanno detto di no per questioni di privacy. Ma la privacy non vale per il governo?». Ultima proposta: «Mandiamo in soffitta il presidente della Repubblica e al Quirinale facciamo un grande asilo nido». Boato.

A dar man forte a Matteo c'è la Meloni che parla con lo stesso registro: «Miserabili. La parola utilizzata da Clinton per descrivere quelli che non votavano per lei. Siamo miserabili anche noi, fieramente populisti, dalla parte del popolo contro le elites e gli amici dei potenti». Pure lei avverte Berlusconi: «Se dopo la vittoria del No non si va al voto, se Mattarella fa il Napolitano, ci mobilitiamo. E a Fi dico: se pensa di governare con un governo non scelto dal popolo con noi non avrà niente a che fare». Già, Forza Italia. Degli azzurri non c'è nessuno se si esclude Daniela Santanchè, Licia Ronzulli, Luca Squeri e Giovanni Toti, lì, si sottolinea, in qualità di governatore. Ma Toti è vicino a Salvini, vicinissimo. La prova? «Se essere populisti vuol dire ascoltare la gente è una gran bella parola. E chiedo scusa se ieri è caduta la giunta di Padova».

Toti dixit.

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