
Un uomo di 65 anni, commerciante, è stato trovato, ad Ancona, trafitto dalla freccia di una balestra sulla fronte. Era in casa in stato di semi incoscienza. Due giorni senza mangiare e senza bere, sdraiato sul letto senza poter chiamare i soccorsi. La Procura di Ancona sta indagando per capire se realmente si tratta di un incidente domestico, come sembra. Ma quello che ha dell'incredibile è l'intervento che l'uomo ha subito all'ospedale Torrette di Ancona. Ce ne parla il primario di neurochirurgia che lo ha salvato, Maurizio Iacoangeli.
Iacoangeli, aveva mai visto nulla di simile?
"Non ci crederà ma sì, abbiamo avuto casi simili. Certo, questa storia ha della straordinarietà perché la freccia ha fatto quello che in sala operatoria chiamiamo percorso di sicurezza. Cioè è riuscita a evitare tutte le aree nobili, senza lederle. Tant'è vero che il paziente parlava, anche se male, ed aveva gli occhi aperti".
Un intervento miracoloso.
"Un grande lavoro di èquipe. Per questo vorrei ringraziare il mio giovane assistente Maurizio Gladi e l'assistente specializzanda Claudia Musteja. Ci tengo a fare i loro nomi perché ho visto come l'allievo ha superato il maestro e questo mi ha reso molto orgoglioso. Ogni ospedale dovrebbe avere il suo Sinner. Se così fosse la sanità funzionerebbe molto meglio".
Che esperienza avete in campo...frecce?
"Siamo stati spesso a Jackson in Missisipi. E mi creda che là ho visto arrivare a piedi pazienti con il coltello conficcato nel cranio. Cose incredibili a raccontarle. Siamo anche stati nella periferia di Chicago e lì questi incidenti sono piuttosto frequenti. Sappiamo come i neurochirurghi operano là e ne abbiamo fatto tesoro. Di fatto quella è stata un'esperienza perfetta per quello che abbiamo affrontato ora. E poi abbiamo usato dei trucchetti militari".
In che senso trucchetti militari?
"Abbiamo un collega, Rocco Armonda, che lavorava al Walter Reed Army hospital. È un colonnello in pensione ma ha vissuto varie guerre, Irak, Ucraina. Ebbene, il 9 giugno ci ha fatto un seminario sulle lesioni di guerra, tipo schegge di missili e cose simili. Diciamo che ci è stato utile anche quello".
L'intervento è stato molto complicato?
"Queste lesioni tecnicamente non richiedono interventi più complicati di quelli per un aneurisma o un tumore al cervelletto. Ma è fondamentale la programmazione pre operatoria con tutti gli altri specialisti per prevenire crolli improvvisi di pressione e varie emergenze che possono verificarsi. Come le dicevo è stato un gran lavoro di squadra, con anestesisti e colleghi per scongiurare i rischi: ovviamente non abbiamo potuto sfilare il dardo subito perché avremmo provocato un'emorragia che, a scatola cranica chiusa, sarebbe stata letale. Prima di intervenire abbiamo effettuato una tac e stabilito passo passo la strategia".
Il paziente recupererà?
"Ora bisogna scongiurare le infezioni e pensare al quadro clinico del paziente che è arrivato senza aver bevuto e mangiato per due giorni, molto provato. A fare la differenza nella riuscita di un intervento è anche ciò che accade fuori dalla sala operatoria, riabilitazione compresa. Sarà lunga, ma mirata e fondamentale. L'intervento è il mattoncino di un percorso. Ora speriamo nel recupero".
Diceva di casi simili.
"Siamo intervenuti su un sub con la fiocina conficcata nel corpo. O ancora su una ragazzina che ha leso il cranio per una matita conficcata nell'occhio. E poi, parlando con un giornalista, mi sono ricordato di un caso accaduto tanti anni fa che ha fatto la storia e che noi chirurghi conosciamo bene.
Phineas Gage era un operaio, stava lavorando a una ferrovia quando gli si è conficcato un tondino di ferro nella testa per un incidente. Tutto questo accadeva nella metà dell'Ottocento. Ebbene, è riuscito a salvarsi e ha vissuto altri 12 anni".