
Roma Una morte su tre nell'Unione Europea avrebbe potuto essere evitata. Oltre mezzo milione di vittime avrebbero potuto essere sottratte alla morte se ci fossero state strutture sanitarie adeguate, ben distribuite sul territorio e politiche di prevenzione. L'ultimo studio di Eurostat certifica ancora una volta che anche all'interno della civilissima Europa le condizioni economiche, private e pubbliche, le politiche sociali e la cultura della prevenzione possono fare la differenza tra la vita e la morte. Un problema che in Italia conosciamo bene perché il diritto alla salute è tutelato in modo diverso da regione a regione e il divario tra nord e sud condiziona pesantemente la possibilità di accesso alle cure e ai farmaci innovativi.
Il Paese con le percentuali più elevate di morti evitabili è la Romania con il 48,6 per cento seguita dalla Lettonia, 47,5 e dalla Lituania, 47. Percentuali ancora molto alte per la Slovacchia 44,2. La media Ue è del 33,1 per cento e l'Italia si attesta subito al di sotto con il 32 per cento, ovvero circa 52.000 morti evitabili, dunque in una posizione mediana Sull'aspettativa di vita va ricordato però che l'Italia batte tutti in Europa: 84 anni per le donne e 80 per gli uomini contro una media Ue di 83 per le donne e 77 per gli uomini.
Più basse le quote di decessi evitabili in Francia, 23,6; Belgio, 26; Danimarca, 26,6; Paesi Bassi, 28,1 e Polonia 29,9.
Il report di Eurostat calcola che su 1,7 milioni di persone con meno di 75 anni morte nel 2015 oltre 571.000 avrebbero potuto essere salvate. In base a quali criteri viene fatto questo calcolo? Lo studio tiene conto della tempestività e dell'efficacia dell'intervento. In sostanza quelle persone non hanno avuto un'assistenza adeguata e dunque sono morte per questo mentre nelle stesse condizioni di salute chi ha avuto le cure necessarie è sopravvissuto. E infatti sono gli attacchi di cuore a rappresentare la maggior parte dei decessi potenzialmente evitabili: oltre 180.500 decessi, ovvero il 32 delle morti totali evitabili di persone di età inferiore a 75 anni. In Italia circa un anno fa è entrato in vigore l'obbligo a dotarsi di defibrillatori semiautomatici sia per le società sportive professionistiche sia per le amatoriali, proprio perché l'uso tempestivo del defibrillatore in caso di attacco cardiaco è determinate.
La tempestività dell'intervento è ugualmente cruciale in caso di ictus che rappresenta la seconda causa di morti evitabili, più di 89.600, il 16 per cento. La presenza o meno di una stroke unit nel territorio, ovvero dei centri specializzati per questa patologia, può davvero fare la differenza non soltanto tra la vita e la morte ma anche ridurre al minimo le conseguenze dell'ictus.
Tra le altre cause seguono i tumori del colon-retto, più di 66.800 morti evitabili, 12 per cento; tumori al seno, circa 49.900. In questi casi gioca un ruolo cruciale la tempestività della diagnosi. Seguono le malattie ipertensive, 30.400 e infine le polmoniti quasi 26.000.
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