Sardine, ecco la "svolta": pronte a offrirsi a tutti

In 40mila a Bologna. Il leader Santori esulta: «Contattati dai 5 Stelle, abbiamo già vinto»

Sardine, ecco la "svolta": pronte a offrirsi a tutti

Il clima è fifty-fifty: metà concerto e metà assemblea. C'è chi beve una birra, chi balla e chi discute. La sfida, l'ennesima lanciata dalle Sardine, può dirsi vinta: la piazza è piena, anche se ai lati si circola con grande facilità. « Siamo 40 mila», si elettrizzano gli organizzatori, e pazienza se i conteggi in questi casi sono sempre ballerini. Una festa lunghissima, sei ore di musica, poesie e performance, con i quadrumviri pronti a sdoppiarsi: in mezzo alla gente e poi nel vicino teatro per rispondere ai giornalisti.

Mattia Santori tenta un bilancio e celebra il movimento, nato proprio a Bologna: «Oggi siamo ad una svolta, una svolta per la politica italiana. Abbiamo già vinto».

Sandro Ruotolo, uno degli oratori previsti sul palco, candidato alle prossime suppletive per il Senato a Napoli, sintetizza alla sua maniera: «Le Sardine sono uno stato d'animo. E la riscoperta della società civile». Ma anche una cassaforte di consensi che fanno gola a molti, dal Pd sempre volubile di Zingaretti ai 5 Stelle sull'orlo del baratro.

Santori si destreggia fra le sirene della politica come un leader consumato. Ha imparato in fretta dai tempi delle prime apparizioni con il cerchietto che aveva fatto storcere il naso perfino a Checco Zalone. «Noi non temiamo una vittoria della Borgonzoni - mette le mani avanti - o meglio ci dispiacerebbe sul piano personale perché sappiamo che conseguenze avrebbe, ma noi stiamo costruendo e convogliando energie».

Arriva Pif che era pure alla Leopolda e qualche cronista gli ricorda le sue puntate alla convention fiorentina. Lui svicola fra sorrisetti e battute su Salvini, il parafulmine universale della giornata. Sul palco gli artisti si susseguono fra risate e invettive antisovraniste. In sala, in mezzo ai palchi dell'Arena del Sole, Santori traduce e cuce: «Noi siamo la prima e vera alternativa al sovranismo e al populismo di destra».

In pratica, che significa? Nascerà il partito delle Sardine? Il frontman frena: bisogna prima vedere come andrà domenica. Poi giura: «Il partito non è la strada giusta». La vittoria sarebbe la consacrazione, la sconfitta brucerebbe, al di là di tutte le affermazioni trionfalistiche. Meglio attendere e «valutare le indicazioni che ci darà il dato delle urne». Intanto, avanti con la linea tracciata: daspo ai facinorosi della Rete, abrogazione, non revisione dei decreti sicurezza, quattro chiacchiere «informali» con il Presidente del consiglio. Tessere la tela, dialogare, combattere la cultura salviniana. Poi ai primi di marzo le Sardine si ritroveranno e faranno il punto. «Mi hanno chiamato in tanti - annuncia sibillino il leader del movimento - anche dai 5S, ma non Di Maio». I 5 Stelle piacciono? Mica tanto: «Siamo diversi dal loro populismo della nascita». E neppure Bonaccini s'è fatto vivo: «Mai incontrato. È l'unico che non ci ha neppure contattato». Prendere una strada, fatalmente, vuol dire abbandonare tutte le altre.

Calma. Di Maio annuncia un'evanescente Cosa grillina, Zingaretti vuole rifondare il Pd e obiettivamente non si è capito, a parte le solite promesse di maniera, cosa farà. Le Sardine potrebbero iniettare linfa nel nuovo organismo. Chissà. Santori si fa ancora più cauto: «La risposta è prematura». Non è un no, ma non è ancora un sì.

Fuori il concerto, in stile 1 maggio, va avanti. Ecco i pesciolini colorati di tutte le fogge: c'è chi ha piazzato le sardine sulla testa, chi le porta come i gradi militari, chi le issa su un cartello e chi le ha disegnate sulla maglietta. Si va avanti cosi. Selfie. Telefonini. Applausi. E l'orgoglio di fondo di aver in qualche modo frenato la spinta salviniana. Il vento sta girando, o almeno, questa è la speranza. Che ruota però attorno a un paradosso: «Chi fa politica purtroppo allontana gli altri dalla politica». Sporcarsi le mani potrebbe voler dire perdere l'innocenza e schierarsi porterebbe a smarrire quel pizzico di trasversalismo che oggi premia.

Si vedrà. «La piazza è stracolma - annuncia Santori - questa è l'ennesima dimostrazione che a volte il buonsenso, la parola, il non urlare, il non giovare sporco può ancora pagare». E ancora: «Quello che sta avvenendo in piazza è fisico, inoppugnabile, non manipolabile». Siamo, insomma, oltre il rimbombo o l'eco dei social. In piazza compare pure il padre di Lucia Borgonzoni, candidata leghista.

Tra padre e figlia c'è ruggine da sempre ma l'anziano babbo arriva pure a regalare un suo dipinto al giovane Mattia. Arrivano gli Afterhours e i Subsonica, la folla intona Bella ciao. Ma tra sette giorni un'altra musica potrebbe far franare il governo giallorosso.

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