RomaOnorevole Laura Ravetto, presidente del Comitato parlamentare su Schengen, l'immigrazione è un tema scottante e, visto il caos in Libia, diventerà rovente. Che fare?
«La prima cosa da fare è creare uno sbarramento vicino alle coste libiche di navi europee che impediscano le partenze. Altro tema è il mutuo riconoscimento dell'asilo. Tradotto: se un immigrato ha i titoli per essere riconosciuto rifugiato politico per noi lo dev'essere anche per uno spagnolo, un inglese o un tedesco».
E ora non è così?
«Certo che no. Non soltanto siamo costretti a gestire da soli le richieste di asilo ma addirittura, qualora l'Italia riconosca ad un migrate lo status di rifugiato e questo si recasse in altro Paese europeo, con ogni probabilità verrebbe rimandato in Italia. È più facile che uno studente si veda riconosciuta la validità della sua laurea in ingegneria anche in Spagna piuttosto che un migrante che fugge da una guerra sia riconosciuto rifugiato nel resto d'Europa».
Bella solidarietà europea...
«Di fatto ci stiamo sobbarcando tutta l'accoglienza. Non si può più andare avanti così. Nessuno vuol venire meno a obblighi solidaristici ma l'Italia non può certamente fare dell'accoglienza il proprio mestiere principale. Il nostro è un Paese a vocazione turistica e non possiamo permettere che la prima azienda del Paese diventi il business dell'accoglienza».
Responsabilità?
«Di tanti e a più livelli. Il governo deve insistere di più sull'Europa. Il tema era già stato proposto al Consiglio europeo nel giugno 2014. Risultato? Zero».
Tornare alla carica in Europa, quindi?
«Ma certo. Non si può gettare tutto sulle nostre spalle e per questo chiediamo condivisione. Più che maggiori risorse dall'Europa, vogliamo una distribuzione più equa dei rifugiati. E poi c'è un altra responsabilità».
Quale?
«L'accoglienza è spesso gestita da persone non qualificate e in alcuni casi è diventata business sulla pelle dei disperati. Abbiamo visto quante situazioni di abuso dietro la retorica della solidarietà che piace tanto alla sinistra. Non può essere più così».
Ha incontrato l'ambasciatore d'Italia a Tripoli, Buccino Grimaldi. La Libia rischia di acuire il problema. Che fare?
«Il dramma è che milizie criminali stanno gestendo il business delle partenze dalle coste libiche.
In alcuni casi sono i migranti che si rifiutano di partire perché il mare è agitato e rischierebbero morte certa. Alcuni milizie puntano i fucili alla tempia per obbligarli a salire sui barconi. Occorre in primis stabilizzare quelle zone».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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