Scene da Far west a Palazzo Madama. I senatori M5S, con le mani in aria sporche di inchiostro, come fosse petrolio, hanno impedito ai loro colleghi di votare il dl "Sblocca Italia". Lucio Malan pur di esprimere il proprio voto scavalca la balaustra che separa i banchi del governo. Il presidente di turno, Roberto Calderoli, interviene con estrema durezza: "Queste cose succedevano in periodi non democratici, ne parleremo in Ufficio di presidenza". I disordini sono scoppiati poco dopo che si erano concluse le dichiarazioni di voto sul dl. Poi è iniziata la chiama per votare sulla fiducia chiesta dal Governo sul provvedimento, nel testo già approvato dalla Camera. E subito dopo ha avuto inizio la bagarre.
Oltre a criticare le misure sulle trivellazioni petrolifere contenute nel decreto, M5S ha contestato duramente l’intervento, in dichiarazione di voto, del senatore del Pd Daniele Gaetano Borioli (Pd). ll senatore M5S Sergio Puglia, richiamato all’ordine, pensando forse di essere tornato a scuola (nell'orario della ricreazione) si è sdraiato sui banchi dell’esecutivo.
"Mani sporche di petrolio. Non saremo complici di questo disastro annunciato. #SfasciaItalia". Con questo tweet la senatrice del M5S Paola Taverna sintetizza quanto accaduto in aula.
Con qualche fatica la seduta poco dopo è ripresa. Calderoli fa sapere di voler applicare la nuova modalità e far votare i senatori dal proprio posto. Diversi gli esponenti del Pd che denunciano il comportamento dei senatori di M5S. "La nuova frontiera dell’ostruzionismo del M5S è impedire fisicamente all’aula di votare il decreto sblocca Italia. Si chiama squadrismo", afferma il senatore del Pd, Francesco Scalia. Come minacciato da Calderoli il voto prosegue "dal posto". E con 157 sì e 110 no arriva l’ok al decreto.
Già alla Camera circa 50 modifiche introdotte dalla commissione Ambiente sono state cassate per mancanza di copertura dai tecnici della Ragioneria generale dello Stato e dalla commissione Bilancio, compreso il raddoppio, da 50 a 100 milioni di euro delle risorse per le emergenze e dunque anche per la città ligure. È saltata anche la novità che riduceva da una parte al 4% l’Iva sulle ristrutturazioni edilizie e dall’altra parte aumentava al 10% l’imposta sul valore aggiunto per le nuove costruzioni. Tuttavia, sono molte le novità introdotte nel passaggio alla Camera: dall’ok preventivo dell’Ue sulle modifiche delle concessioni autostradali al via libera ai cantieri di opere connesse alle emergenze ambientali, anche in presenza di ricorsi al Tar, norma inserita sull’onda dell’alluvione a Genova. Sui rinnovi delle concessioni autostradali le cui richieste di modifiche devono essere presentate al ministro dei Trasporti entro il 31 dicembre (che dovrà rispondere entro il 31 agosto 2015) è stato imposto l’ok preventivo dell’Ue; le richieste di modifica devono prevedere nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione. Arrivano inoltre semplificazioni per i lavori di ristrutturazione, resta lo sconto del 20% fino a 300mila euro per chi compra casa e la affitta a canone concordato per 8 anni e torna la norma per arrivare al "regolamento edilizio unico". Il decreto punta poi a dare tempi certi alla realizzazione di opere come le linee ferroviarie Napoli-Bari e Palermo-Messina-Catania su cui ci sarà la supervisione dell’ad di Fs, Michele Elia, che viene nominato commissario straordinario senza la corresponsione di gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti.
Fiducia numero 29 per Renzi
Con il sì dell’aula di palazzo Madama al decreto Sblocca Italia, che arriverà in serata, alla ripresa della seduta dopo la protesta dei parlamentari del M5S, il governo di Matteo Renzi toccherà quota 29 fiducie. Ed era già record, secondo i calcoli del sito openpolice: dal 1996 mai nessun esecutivo aveva fatto ricorso in maniera così massiccia a questa procedura.
Il 77% delle leggi approvate, infatti, sono passate attraverso un voto di fiducia, un dato che supera quello del governo Monti che si era fermato al 45%, pur avendo battuto di gran lunga i precedenti esecutivi. La media, considerando gli ultimi 11 governi a partire da quello di Romano Prodi del 1996 all’attuale, è dell’11,63%.
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