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Scambio Mes-decreti Salvini. Ma la fronda M5s gela il Pd

Il via libera, fissato per domenica, slitta a lunedì sera. La trama di Di Maio. Furia Zingaretti, parte il pressing

Scambio Mes-decreti Salvini. Ma la fronda M5s gela il Pd

Accordo fatto, anzi no. Il Pd si sentiva già in tasca il premio per non essere crollato alla prova delle urne: la modifica dei Decreti sicurezza era già in pista per il cdm di domenica. Un traguardo ad alto valore simbolico, visto che il Nazareno ha giustificato l'alleanza con i grillini proprio adducendo la necessità di un'inversione di rotta rispetto alle politiche anti immigrazione di Matteo Salvini. Pur di incassare questo dividendo politico, il Pd avrebbe concesso all'alleato recalcitrante, i 5 Stelle, un nuovo rinvio sul Mes, sebbene solo formale. Gli effetti dell'adesione al fondo Salva-Stati non sono conteggiati nelle tabelle della Nota d'aggiornamento al Def, sul cui contenuto la maggioranza ha raggiunto l'intesa martedì sera. La cortina fumogena sul Mes rinvia uno dei nodi più scottanti per la maggioranza, impossibile per i 5 Stelle da affrontare prima che si sia concluso il travagliato processo per nominare la nuova leadership collegiale su cui il M5s è in travaglio da tempo.

I giallorossi si sono svegliati ieri mattina con un accordo già fatto e l'ipotesi di riunire un consiglio dei ministri domenica, ultimo giorno utile per l'approvazione della Nadef, mettendo sul piatto contemporaneamente anche le modifiche ai decreti Sicurezza. Già da luglio c'è un testo su cui il ministro Luciana Lamorgese, è riuscita a far convergere la maggioranza.

Ma niente da fare: all'ora di pranzo l'accordo è già saltato. Nella seduta di ieri sera dell'argomento non c'era traccia. A mettersi di traverso qualcuno che si è guardato bene dal lasciare la propria firma, tanto che ieri tutto il palazzo si interrogava sulla direzione di provenienza del nuovo veto. Gli indizi portano verso i 5 Stelle, visto che nel Movimento non c'è concordia sull'argomento. E al Nazareno non è sfuggito un passaggio dell'intervento di Luigi Di Maio domenica sera a Che tempo che fa: il ministro degli Esteri, che sgomita per riconquistare la leadership grillina, ha finto di ignorare l'accordo già raggiunto a luglio sui decreti Sicurezza: «C'è una discussione politica in corso -ha detto- dialogando troveremo una soluzione».

Le modifiche proposte da Lamorgese vanno ben oltre i rilievi del presidente della Repubblica: nel testo c'è lo ius culturae, il ritorno degli Sprar e sembrava superato anche il nodo più ostico, le multe alle Ong e la confisca delle loro navi (quelle che Di Maio in un'altra epoca politica aveva definito «taxi del mare»). Il nuovo punto di attrito sarebbe invece legato al ritorno della «protezione umanitaria», una delle forme di asilo che Salvini aveva cancellato dall'ordinamento. Ma c'è chi sospetta anche motivi più opportunistici: dare l'ok al testo Lamorgese domenica, in concomitanza con i ballottaggi e con il voto alle comunali in Sicilia, la regione più investita dalla questione sbarchi, sarebbe parsa inopportuna. Del resto è già successo: l'accordo sulle modifiche risale a luglio ma, di rinvio in rinvio, era stato chiaramente posposto a dopo le elezioni regionali con il tacito accordo dello stesso Pd, i cui governatori sottoposti a riconferma si erano dimostrati ben poco disposti ad accogliere profughi prima dell'appuntamento con le urne.

Il nuovo rinvio però ha mandato in fibrillazione il Pd. E Zingaretti, che ha rinnovato la promessa sui decreti sicurezza non appena chiuse le urne, è uscito allo scoperto: «Abbiamo discusso per mesi io trovo naturale rispettare questo punto. Sono convinto che avverrà in queste ore». Il Pd è in pressing ed è convinto di piegare Di Maio.

Intanto, come al solito, si rivia, la maggioranza prende tempo in attesa di trovare l'ennesimo comprometto, e il CdM slitta a lunedì.

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