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La scappatoia dei Cinque stelle: usciremo dall'Aula. E Salvini alza il tiro

Conte è per l'Aventino: segnalare il disagio senza far cadere l'esecutivo e perdere 15 parlamentari. La Lega: "Voteremo solo le cose utili agli italiani". E il Pd teme lo tsunami dopo lo strappo

La scappatoia dei Cinque stelle: usciremo dall'Aula. E Salvini alza il tiro

Più che un Papeete è uno stillicidio. A tre giorni dal voto di fiducia al Senato sul Dl Aiuti, il M5s continua a minacciare l'uscita dall'Aula, il Pd tenta una mediazione in extremis per convincere i grillini a evitare uno strappo che sarebbe una ferita difficilmente rimarginabile per la maggioranza. Giuseppe Conte è stretto in un collo di bottiglia. Tra le forti spinte centrifughe di tanti parlamentari e - come anticipato dal Giornale il 4 luglio - il rischio di perdere quindici deputati in direzione Luigi Di Maio nel caso di un addio a Mario Draghi. Il premier potrebbe incontrare di nuovo Conte prima di giovedì, quando è previsto il voto di fiducia sul Dl Aiuti.

Ma Draghi non deve occuparsi soltanto delle bizze di Conte, le tentazioni dei grillini galvanizzano anche la Lega. Che potrebbe sfruttare il precedente dell'Aventino degli stellati per mettere in difficoltà la maggioranza su Ius Scholae e depenalizzazione della coltivazione della cannabis. E così, sulla scrivania di Draghi, arriverà anche una lista di proposte da parte di Matteo Salvini, dopo l'elenco già consegnato da Conte. Il Carroccio è pronto anche a gesti plateali in Aula sui due ddl cari al centrosinistra. E Salvini lancia avvertimenti in un'intervista al Quotidiano Nazionale. «Il governo Draghi rischia se non fa le cose», dice il segretario della Lega. Che rilancia su cannabis e cittadinanza: «Il governo va avanti se riesce a soddisfare le aspettative per cui è nato. E certamente non è nato per la droga libera o per dare la cittadinanza facile agli immigrati». Poi elenca diversi temi della lista per Draghi. Dalla «pace fiscale» al superamento della «sciagurata legge Fornero». Dall'«equo compenso per i liberi professionisti» all'«autonomia regionale». Il leader leghista, in serata a un comizio, rincara: «Voteremo solo le cose utili agli italiani».

L'ennesima giornata di tensione viene battezzata da un'intervista del ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli. Alla domanda di Repubblica sulla possibilità di un'uscita dall'Aula del Senato durante il voto sul Dl Aiuti, l'esponente contiano risponde: «Vediamo. Non lo escludo, non lo escludo. Bisogna vedere quale sarà il ragionamento politico con Draghi». Una frase che è una conferma della linea che trapela dai Cinque Stelle, convinti che un Aventino non provocherà la fine dell'esecutivo. «Io sono ottimista. Mi auguro che le risposte arrivino. Ma per il bene dell'Italia, non perché bisogna accontentare il M5s», spiega. Ma le tensioni nel governo si riverberano sulla tenuta dell'alleanza giallorossa. Sul punto Patuanelli assicura che il patto con i dem «non è affatto a rischio». Poi un'affermazione rivelatrice della vera strategia dei grillini: «La maggioranza è solida anche senza di noi. Per il M5S il governo non è un poltronificio a vantaggio degli amici, per altri non lo so». Frasi che fanno dire ai critici che il continuo alzare la posta da parte di Conte è un trucco per distanziarsi dalla maggioranza e tentare di risalire nei sondaggi, senza però provocare la slavina della fine del governo. Intanto Conte sui social difende il reddito di cittadinanza e pretende segnali di apertura da Palazzo Chigi: «Abbiamo consegnato un documento al premier Draghi in cui pretendiamo un cambio di passo immediato».

I più preoccupati sono al Nazareno. Dove è forte la convinzione che un non-voto del M5s al Senato causerebbe uno tsunami. I dem fanno i pontieri ma l'ex premier attende un segnale su Rdc, salario minimo e Superbonus. Sparge ottimismo il vicecapogruppo dei senatori dem Franco Mirabelli: «Le questioni poste da Conte non sono lunari. Mi sembra che si tratti di questioni su cui è possibile trovare soluzioni». Non crede alla crisi di governo il capogruppo di Fdi al Senato Luca Ciriani: «Giovedì non accadrà nulla.

Siamo di fronte a un'altra commedia degli inganni».

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