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Scarcerazioni boss, Salvini: "Dimissioni capo Dap non bastano, via Bonafede"

Oltre alle dimissioni di Francesco Basentini, direttore del Dap, Salvini ora attende anche quelle del ministro della Giustizia Bonafade

Scarcerazioni boss, Salvini: "Dimissioni capo Dap non bastano, via Bonafede"

"Via il capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. È solo un primo passo. Bonafede non pensi di scaricare le proprie responsabilità: la scarcerazione di migliaia di delinquenti, compresi boss mafiosi, è una sua colpa". È quanto hanno affermato i parlamentari della Lega Giulia Bongiorno, Nicola Molteni, Jacopo Morrone e Andrea Ostellari riferendosi alle dimissioni di Francesco Basentini, direttore del Dipartimento affari penitenziari, a seguito delle accese polemiche scatenatesi dopo la scarcerazione, avvenuta nei giorni scorsi, di detenuti tra i quali figure di primo piano del crimine organizzato.

Tra questi, come denunciato dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, vi sono Francesco Bonura, boss condannato a oltre 18 anni e confinato al 41bis, e Vincenzo Iannazzo, accusato di essere a capo della cosca ‘ndranghetista di Lamezia Terme. Il più conosciuto di tutti, però, è Pasquale Zagaria, mente economica del clan dei Casalesi, al quale il tribunale di Sorveglianza ha concesso i domiciliari. Zagaria così sconterà a casa della moglie, in provincia di Brescia, una delle zone più colpite dall'epidemia.

Ma non basta. Perché nelle ultime ore un’altra figura di primo piano dello stesso clan, il 47enne Renato Piccolo, godrà dei domiciliari nella sua abitazione di Casapesenna. L’uomo, fedelissimo del boss Michele Zagaria, è in carcere dopo una condanna a 10 anni per estorsione con metodo mafioso legata a una operazione del 2011 in cui fu arrestato insieme ad altri sei indagati.

Nei giorni scorsi sono immediatamente divampate le polemiche per le scarcerazioni. Salvini aveva subito attaccato il governo accusandolo di scarcerare i boss mafiosi e mandarli ai domiciliari con la scusa dell'emergenza coronavirus. "Lo schifo dei boss mafiosi scarcerati e mandati a casa con la scusa del virus grida vendetta, è una resa dello Stato. Non si possono cancellare così i sacrifici delle donne e degli uomini che hanno combattuto e combattono le mafie. È una vergogna, un insulto, un oltraggio alle vittime e ai loro parenti. Signori del Governo, la pazienza è finita. Spero intervenga il Colle più alto", aveva afferma il senatore chiedendo l'intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L'ex ministro dell'Interno aveva poi affermato di essere "inca**ato nero: è una vergogna nazionale. Sopra i 70 anni come da previsione del decreto Cura Italia, che apre le porte delle carceri, rischiano di uscire e tornare a casa ai domiciliari altri mafiosi. Un governo che tiene chiusi a casa gli italiani per bene e spalanca le porte a mafiosi condannati a decenni di carcere, confinati al 41bis, che poverini rischiano di ammalarsi e quindi tornano a casa dalla moglie. Poi spiegatemi voi come fa ad ammalarsi uno in isolamento".

Il leader leghista, nella sua invettiva contro il governo, ha fatto riferimento al decreto Cura Italia. Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, aveva successivamente risposto a un'interrogazione in Senato sulla questione spiegando che il decreto, per ridurre i rischi di epidemia nelle carceri, prevede la possibilità in questa fase di emergenza di scontare agli arresti domiciliari la pena detentiva residua, che non deve essere superiore a 18 mesi. Da questa misura, però, sono escluse alcune categorie di condannati. Ma ogni valutazione è rinviata al magistrato di sorveglianza. Per i beneficiari è previsto il controllo attraverso braccialetti elettronici.

A sua volta, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede durante un Question Time alla Camera dei Deputati, riferendosi alle scarcerazioni di boss, ha provato a spegnere le polemiche assicurando che "vi sono tutta una serie di accertamenti in corso, a seguito dei quali verranno prese tutte le determinazioni opportune e necessarie”. Lo stesso Bonafede aveva anche ricordato che "a parte le proroghe, ci sono circa 100 detenuti sottoposti al regime di 41 bis in virtù della mia firma”. E che proprio per le sue competenze lui stesso è sottoposto “al più alto livello di scorta".

Ma queste parole non hanno placato le polemiche. Così come non sono giudicate sufficienti le dimissioni del capo del Dap Basentini. Oggi Salvini è tornato sulla vicenda dichiarando che la decisone del direttore del Dap "non bastano a cancellare quanto successo in poche settimane tra carceri in rivolta, morti, evasioni e perfino mafiosi e assassini usciti a decine di galera”.

Poi l’attacco diretto contro il ministro della Giustizia: “Bonafede è il primo responsabile: dimissioni!".

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