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Scarcerazioni, prescrizione e Dap: quello che il Guardasigilli non dirà

In Senato proverà ad ammorbidire i toni giustizialisti per evitare di cadere. Ma il suo fallimento è sotto gli occhi di tutti

Scarcerazioni, prescrizione e Dap: quello che il Guardasigilli non dirà

Il punto più basso a marzo scorso quando il governo ha perso il controllo delle carceri. Ventuno penitenziari fuori controllo, devastazioni e saccheggi, un bilancio spaventoso da Sudamerica: 107 agenti feriti, 69 detenuti in ospedale, 13 morti dopo aver ingerito metadone e droghe. Un altro ministro si sarebbe dimesso nell'ignominia, Alfonso Bonafede invece è sopravvissuto a tutto: pure all'incredibile evasione dal carcere di Foggia di 77 detenuti, compresi alcuni esponenti della mafia locale, e poi all'altrettanto sconcertante capitolo dei boss di Cosa nostra mandati con sciagurata disinvoltura a casa, in detenzione domiciliare, dopo l'esplosione dell'emergenza Covid.

Mai era successo qualcosa del genere nella storia repubblicana e l'ultima rivolta paragonabile a quelle scoppiate da Nord a Sud in tutto il Paese era avvenuta a Trani il giorno di Santo Stefano del 1980. Quarant'anni prima.

E invece il ministro siciliano è rimasto incollato alla sua disastrata poltrona, con l'aiuto della maggioranza ha parato non una ma due mozioni di sfiducia, presentate dal centrodestra e da +Europa. In quell'occasione fu Matteo Renzi a salvarlo, evitando di sparare il colpo di grazia.

Ora potrebbe essere Renzi a decretare la fine del Guardasigilli, anche se lui proverà ad ammorbidire i toni giustizialisti di sempre dirottando il dibattito sui soldi in arrivo dall'Europa e sulle risorse finalmente disponibili.

E però, con tutto il rispetto, il bilancio di questo anno e mezzo di navigazione travagliatissima è scoraggiante. C'è quel che è accaduto dietro le sbarre: un inquietante collasso dello Stato e una sconsiderata politica delle misure alternative che lasciano sbalorditi.

Lui se l'è cavata tagliando la testa del direttore del Dap, Francesco Basentini, parafulmine di questa catena di errori imperdonabili.

Ma Bonafede, in linea del resto con la sua matrice 5 Stelle, è anche il protagonista dell'inaccettabile riforma della prescrizione, un macigno sui diritti degli imputati. Certo, una rivisitazione dei tempi della giustizia ci poteva pure stare, ma i meccanismi introdotti dal 1 gennaio 2020, peraltro con l'avallo della Lega, fermano ora l'orologio dopo la sentenza di primo grado. Così oggi si puó rimanere nel limbo dell'attesa di un ulteriore verdetto per tutta la vita. Si era detto solennemente che la nuova norma sarebbe stata accompagnata da robusti correttivi per sveltire la macchina e non trascinare gli indagati nella palude dei processi a vita. Ma, naturalmente, non si è fatto nulla e i ritmi sono quelli di prima.

Il governo è corso ai ripari, varando un pacchetto di proposte per tamponare i guasti, ma la soluzione del doppio binario, che distingue la sentenza di colpevolezza da quella di assoluzione, è cervellotica e ha suscitato un coro di proteste. Il testo è in ogni caso all'esame del Parlamento e ci vuole una buona dose di pazienza e ottimismo per sperare nell'approvazione di una legge meno punitiva.

Intanto, il ministro che si presentava come il profeta del rinnovamento e il nemico giurato di vecchi compromessi e opache trame, è riuscito a suscitare le ire e i sospetti più limacciosi di un campione, anzi di un'icona dell'antimafia come Nino Di Matteo (nel tondo), il pm della trattativa Stato-mafia ora approdato al Csm. Di Matteo ha raccontato con una telefonata in tv a Massimo Giletti che nel giugno del 2018 Bonafede gli aveva proposto proprio l'incandescente poltrona di capo del Dap. Poi, dopo 24 ore, mentre lui stava per accettare, ingranó la retromarcia, non si capisce bene sulla base di quali pressioni.

Un peccato originale oscuro che fa aumentare il disagio dell'opinione pubblica: il ministro ha perso l'anima barricadera e il consenso incondizionato degli amici duri e puri, ma ha scontentato anche moderati e garantisti.

Senza contare la bandiera bianca alzata nel far west delle carceri.

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