Meno male che c'è Draghi a contrastare le brutte notizie sulla nostra produzione industriale che a luglio è arretrata dello 1,3% rispetto al luglio 2017: un crollo che su base annua è del 15,6%. La produzione di beni intermedi, che segnala il trend futuro, dato che consiste nella fabbricazione dei beni di base e dei semi lavorati che servono per produrre i beni finali di consumo e di investimento, nel luglio è diminuita del 2,2% sul giugno: il 26,4 su base annua!. Anche la produzione di beni di consumo del luglio ha registrato un forte calo sul giugno: -1,9% Su base annua il 22,8%. I segnali di peggioramento c'erano già a giugno, perché gli ordinativi dell'industria dopo un periodo di crescita, erano in forte diminuzione. A sedare le preoccupazioni che emergono da questi dati, è venuto Draghi che a seguito della riunione di ieri del direttivo della Banca centrale europea ha annunciato che il tasso di interesse basso stabilito dalla Bce rimarrà invariato per parecchio tempo, sin quando il tasso di inflazione tendenziale dell'euro zona non si sarà stabilizzato al 2%. La politica di QE, Quantitative Easing, facilitazione quantitativa consistente nell'acquisto di titoli pubblici dei paesi euro che dovrebbe terminare ne 2018 sarà prolungabile ove fosse necessario e ce ne fossero i requisiti, per impedire anomalie finanziarie che mettano in pericolo un paese dell'euro zona. Ma se Draghi ha sedato i timori del mercato, le preoccupazioni restano perché la flessione del nostro Pil ha delle cause che vanno affrontate seriamente, per far sì che essa sia solo temporanea. Occorre correggere il modo in cui l'operatore pubblico sta trattando l'economia nelle componenti fondamentali del mercato interno: i consumi e gli investimenti. Il calo dei consumi, che sta generando la diminuzione della produzione di beni di consumo e dei connessi beni intermedi e la diminuzione delle vendite al dettaglio appaiono in gran parte dovuti ai timori della gente, impaurita dai tagli retroattivi alle pensioni, d'oro o d'argento e dal fatto che lo spread sul debito pubblico è salito, facendo temere che i risparmi accumulati non bastino. C'è così un aumento della propensione al risparmio, non necessariamente in titoli italiani. Chiudere i negozi la domenica in un clima di bassa propensione al consumo è masochistico, come lo è il rincaro dei costi del lavoro generato dal Decreto dignità, per i contratti a termine. Il calo degli investimenti si collega gli indugi per Tav e per gasdotto Tap e al fatto che l'edilizia è maltrattata. Agiscono negativamente il ritardo con cui si è conclusa la vertenza con l'Ilva, le perdite di tempo riguardanti la ricostruzione del Viadotto Morandi, la scelta di disdire la concessione con Autostrade per l'Italia che dà luogo a nuovi contenziosi ed ad altre incertezze sugli investimenti. Inoltre il QE di Draghi è subordinato a un serio contenimento del deficit e a politiche strutturali per irrobustire la crescita.
Ora pertanto per il bilancio pubblico, si profila un venerdì magro, in cui bisogna minimizzare gli aumenti di spesa e utilizzare i pochi spazi che ci sono nel deficit consentito dal buon senso, per ridurre le imposte, onde ridar fiato al commercio e al connesso consumo, stimolare produzione, promuovere gli investimenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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