Una commedia dell'arte ben costruita con la sponda del gruppo parlamentare pentastellato. In questo modo si può catalogare la replica del ministro del Lavoro e dello Sviluppo, Luigi Di Maio, ieri alla Camera sul decreto Carige. La crisi dell'istituto, ha spiegato il ministro, è dovuta alla «gestione scellerata non solo per l'incompetenza dei manager ma anche per le commistioni della politica». Secondo il vicepremier si tratta, peraltro, di un «segreto di Pulcinella: la vecchia politica e le banche sono sempre andate a braccetto: Banca Carige è una piccola Mps», le cui difficoltà si sono riverberate sul territorio.
«Voglio pronunciare i nomi e i cognomi, non solo di chi ha contribuito al fallimento della banca, ma anche dei loro sponsor politici», ha proclamato con voce stentorea elencando i nomi dei consiglieri che «nel periodo in cui si sono registrare le peggiori sofferenze hanno giocato a fare i banchieri». Sono l'ex vice presidente di Carige ed ex parlamentare, Alessandro Scajola (fratello dell'ex ministro, Claudio), Luca Bonsignore (figlio di Vito, ex eurodeputato Udc), Giovanni Marongiu (già sottosegretario nel governo Prodi), l'ex direttore centrale Alberto Repetto (ex presidente della Provincia di Genova con il centrosinistra). In questa lista di proscrizione che non ha nessuna valenza giuridica manca il nome di Guido Alpa, avvocato civilista, docente universitario e nume tutelare del premier Conte, consigliere di Carige una ventina d'anni fa.
Di Maio è poi passato ad analizzare alcune esposizioni del gruppo genovese. Sono crediti già segnalati da Bankitalia dopo l'ispezione del 2013. «Tra questi - ha aggiunto - un debito di 450 milioni per i finanziamenti al gruppo Messina, 250 milioni concessi al Parco degli Erzelli, una cittadella tecnologica fortemente voluta dalla politica ligure, 35 milioni per il mutuo al gruppo Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone». Il ministro ha poi ricordato «prestiti o fidi, in parte sanati, ma che hanno causato sofferenze alla banca, erogati ad alcune società riconducibili al dottor (sic!) Enrico Preziosi e per 20 milioni a Prelios, società che faceva capo a Pirelli Re, del gruppo Pirelli».
La sceneggiata si è conclusa con la solita invocazione di una commissione d'inchiesta parlamentare. Inoltre ha auspicato che il decreto venga emendato con norme per la restituzione dei bonus percepiti dai vertici Carige. «Mi auguro che venga modificato e migliorato e che si possano mettere un po' di norme anti-furbetti, come la norma sui bonus dei manager che si sono in questi anni divisi bonus inspiegabilmente visto che la banca è sull'orlo del default». Il ministro ha poi anticipato «nuove norme per la distinzione tra banche commerciali e d'affari, un fondo di garanzia per i risparmiatori delle banche ottenuto trattenendo fino al 60% dei bonus dei manager per 5 anni, una norma sulle porte girevoli, una seria legge sul conflitto d'interessi». Se lo Stato interverrà in Carige, ha concluso, «diventerà una banca dei cittadini».
In questo modo si eviterà che «imprese e lavoratori del territorio debbano pagare le scelte scellerate di chi ha gestito la banca in questi anni». Se si utilizzeranno risorse pubbliche, «la banca avrà la missione di dare più credito alle pmi, più mutui alle famiglie e di finanziare progetti innovativi». Insomma, la solita, infinita campagna elettorale.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.