Ogni barca in difficoltà ha sempre a bordo il suo Schettino che la fa affondare. La nave Etruria non ne aveva uno solo, ma tanti. Almeno così pare osservando come si sono comportati alcuni membri del cda poco prima di quel mercoledì 11 febbraio 2015, quando Bankitalia affidò la gestione fallimentare della banca a due commissari. Non solo c'è chi ha chiuso conti correnti o messo in salvo titoli prima del «decreto salva-banche» del 22 novembre, ma c'è anche chi si è dimesso un giorno prima del commissariamento.]Tra gli Schettino di Etruria figura certamente Anna Maria Nocentini (in Lapini), titolare di un negozio di design e oggettistica per la casa nel centro storico di Arezzo. Già presidente Confcommercio di Arezzo e membro della locale Camera di Commercio, la Lapini ha mollato il cda di Etruria un giorno prima del commissariamento per essere eletta, l'11 febbraio stesso, presidente regionale di Confcommercio Toscana e poi, in maggio, piazzata da Carlo Sangalli nella giunta esecutiva di Confcommercio a Roma.Questo era l'ultimo (disastroso) board, quello del presidente-geometra Lorenzo Rosi (oggi indagato, ex presidente della Castelnuovese, una delle società coinvolte nell'inchiesta Etruria) e del suo vice Pierluigi Boschi, padre del ministro delle Riforme Maria Elena. Nell'altro (pur disastroso) cda, quello dell'ex deputato democristiano e sottosegretario all'Industria con Andreotti, Giuseppe Fornasari (indagato anche lui), sedeva invece Laura Del Tongo come vicepresidente, prima di dimettersi e lasciare il posto a un vero banchiere ed economista come Rainer Masera (che infatti se l'è data a gambe levate dopo nemmeno due mesi). A differenza di quasi tutti i suoi colleghi, però, la Schettino-Del Tongo non è stata mai sanzionata da Banca d'Italia. Un grande mistero. Amministratore della Del Tongo Industrie Spa a Tegoleto (Arezzo) che produce sistemi d'arredo, è finita in concordato preventivo a spese di fornitori e banche, tra le quali la stessa Etruria che amministrava (male). Tredici ex amministratori della banca e 5 ex sindaci riescono ad accumulare 198 posizioni di fido per 185 milioni (140 utilizzati). Di questi ne rientrano solo 50, 90 finiscono tra crediti incagliati e sofferenze. Tra gli incagli figurano anche ben 30 milioni della Del Tongo Industrie.Degno di menzione è poi Carlo Donati, che bazzica in Banca Etruria sin dal 2005, nominato membro del collegio dei probiviri nell'aprile 2013, proprietario della Carlo Donati Fashion Group, una sartoria ad Arezzo. Guarda caso, suo figlio Marco (renziano sin dalla prima Leopolda «Prossima Fermata Italia» del 2010 e oggi boschiano al cubo) nel febbraio 2013 diventa deputato del Partito democratico. A 33 anni. Da allora è un Marco Donati show: quando la sua conterranea Maria Elena Boschi viene in visita pastorale ad Arezzo, lui è quello che gli stende il tappeto rosso; segue passo, passo la campagna elettorale del compagno Matteo Bracciali sindaco (perdente); e si nota sempre più spesso accanto all'ex sindaco Giuseppe Fanfani (oggi al Csm in quota renziana, già legale di Pierluigi Boschi) e al procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi (titolare dell'inchiesta su Etruria). All'assemblea dei risparmiatori, il 15 gennaio scorso ad Arezzo, dice tra i fischi: «Sono in Parlamento da soli due anni, non sapevo niente su Etruria». Un genio vero.Infine, tra gli Schettino di Etruria c'è anche Natalino Giorgio Guerrini, vicepresidente dal 2008 al 2013 quando si dimise per candidarsi alle Politiche nelle liste dell'Udc (insieme a Scelta Civica) mancando però l'atterraggio in Parlamento. Contestualmente era anche presidente di Confartigianato Imprese (2004-2012). Oggi è coordinatore nazionale di Italia Unica di Corrado Passera.
Da una società di Guerrini e Carlo Schiatti (fratello di Paolo, per cinque anni vicedirettore generale di Banca Etruria), la Hi Facing specializzata in pannelli fotovoltaici, spunta una sofferenza per la banca di 3,1 milioni. Happy ending.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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