L'invito è sincero e la risposta intrigante, solo che a sinistra il campo è ancora confuso. Giorgia Meloni chiama Elly Schlein nella casa fuori dal Palazzo, Atreju 2025, nei giardini di Castel Sant'Angelo. Sembra una favola, una storia da torce e mantelli, ma è politica allo stato puro. Si può fare? Dipende. La segretaria del Pd pone una condizione che suona come una provocazione gentile, un "no" che assomiglia troppo a un "vediamo". "Vengo, ma solo se ci sarà un confronto pubblico. Tu ed io". Nessun paracadute. Nessun giro largo. Una scena quasi da duello, fuori casa per Elly e non a costo zero.
A guardarla da lontano sembrerebbe quasi una legittimazione reciproca. È riconoscersi come antagoniste nella forma più nobile. È un tagliafuori elegante per alleati fastidiosi, per comprimari convinti di essere protagonisti. Significa stringere il campo, ridurre il rumore, riportare la politica alla dimensione che conta: due visioni, due strade, una sola sfida. Dentro questa mossa c'è un'idea che va oltre il presente. Giorgia e Elly potrebbero perfino immaginare da Atreju un percorso comune, una serie di riforme condivise, magari a partire dalla legge elettorale, forse perfino avventurandosi nella terra incognita dell'elezione diretta del presidente del Consiglio. Sembra fantapolitica, e lo è. Ma ogni tanto la politica si sveglia dentro il proprio romanzo e decide di crederci. Nel regno dell'imponderabile, dove si costruiscono i futuri, niente è davvero vietato.
Qualcuno insinua che Giorgia Meloni sia astuta e voglia scegliersi l'avversaria: ti illumino, ti riconosco, e poi ti batto meglio. Ma è un sospetto pigro, una scorciatoia utile solo a chi legge la politica con lenti deformate.
Giorgia Meloni ha ritenuto in passato che la competizione con Elly Schlein potesse essere più limpida. Due leader che giocano per la vittoria, non per bloccare l'avversario, non per rimettere la partita nelle stanze del Palazzo dove vincono sempre gli invisibili. Nessuna delle due avrebbe dovuto cercare lo stallo, il pareggio furbo che consegna il destino del Paese all'ingegnere del momento, al tecnico autorevole, al governo del presidente. Solo non è facile fidarsi totalmente. C'è sempre tra le due un "lost in translation".
Allora la ragione ti dice di guardare ai fatti. Giuseppe Conte, l'altro possidente del campo largo, non ha mai chiesto condizioni per parlare ad Atreju, neppure quando sedeva lui a Palazzo Chigi. Ecco allora la contro risposta di Giorgia: "Sono pronta a confrontarmi con l'opposizione. Ma ritengo che al confronto debba partecipare anche Giuseppe Conte". I destini del campo largo non passano per la Meloni.
Non sarà quindi lei a fare il tagliafuori. "Non spetta a me decidere chi è il leader dell'opposizione". Il grande patto tra donne non si farà domani. È questione di fiducia, reciproca, e non si compra tanto al chilo, tantomeno ad Atreju.