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Schlein resta sola nel Pd. "Scenderemo in piazza"

La segretaria dal palco della Festa dell'Unità accusa il governo sulla sanità. E i big disertano il comizio

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Già sabato sera, dalla platea della Festa dell'Unità di Ravenna, era parso chiaro che Giuseppe Conte non accettava nemmeno di pensarla, un'alleanza con un Partito democratico nella condiziona attuale, temendo una quadra «posticcia». Accanto a lui, c'era il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che infatti aveva appena denunciato a mezzo stampa «un Pd piccolo e radicale» che «non serve a nessuno», invitando caldamente la segretaria Schlein ad ascoltare il malessere della componente più moderata rispetto alla sua linea sempre più massimalista. Svariati iscritti sempre più defilati dai circoli, e infine il dissenso mostrato pubblicamente dai 31 dirigenti dem liguri appena passati ad Azione. Un addio fragoroso su cui Bonaccini si era subito fiondato per un appello: «Chi guida il partito deve saper rappresentare anche chi non l'ha votato», era stato l'invito alla ragionevolezza rivolto all'attuale segreteria.

Ieri è toccato dunque a «Elly» salire su quello stesso palco di Ravenna, e replicare alle critiche. Ma anziché aprire al dialogo interno la segretaria ha rilanciato: «Qualcuno ci accusa di aver spostato il partito a sinistra, io non so se ho questa colpa, e a dire il vero non so se sia una colpa...». Bum! Una bomba lanciata in un campo già minato. Se ieri ci si aspettava infatti il pienone, Schlein è stata costretta a parlare sì tra gli applausi dei suoi fedelissimi (Marco Furfaro in primis) ma davanti a una platea orfana di big: rappresentazione plastica di un isolamento crescente nel partito. A un evento simile presenziano tradizionalmente un po' tutti i vertici. Invece si inabissano anche i suoi sponsor: Dario Franceschini non c'è, nonostante in quelle zone si sia candidato. Non c'è Andrea Orlando, che alle primarie l'aveva sostenuta. Neppure Lorenzo Guerini, frontman della componente dem Base riformista. E neppure Bonaccini si vede, forse già informato di cosa avrebbe detto la segretaria, che ormai si ritrova «spie» anche in casa dem. Qualcuno li chiama i «pentiti di Elly». Già infatti prima del suo discorso, il dissenso nei suoi confronti correva anzitutto nelle chat private di alcuni dem, eletti locali ma non solo, che ritengono che Schlein voglia fare «pulizia» scegliendo quasi esclusivamente persone di stretta osservanza al «nuovo corso» da candidare alle europee. E già dopo le prime risposte di Schlein ai 31 fuoriusciti liguri («Forse l'indirizzo era sbagliato prima»), alla vigilia della chiusura di ieri a Ravenna qualcuno scriveva in privato: «Più che l'armocromista, le servirebbe uno psicologo evoluzionista delle alleanze». Altri segnali di sgretolamento dal Pd romagnolo. Mentre a Roma si torna a guardare alla profezia di Zingaretti: con lei, neppure al 17% alle europee. Qualcuno mette in campo - visto l'esempio ligure - la tentazione di «lasciare la barca prima che affondi». E se la fronda è sempre più organizzata contro una linea massimalista, ieri la segretaria è tornata a rivendicare un «Pd pronto a scendere in piazza per una grande mobilitazione nazionale, riprendiamoci il nostro futuro». Attacca il governo sulla sanità pubblica e sul diritto alla casa. Poi una freccia sul caso Gentiloni «vittima di attacchi scomposti; a lui va tutta la nostra gratitudine per il servizio che sta svolgendo».

Infine un appello alla Meloni «per lavorare insieme» sul tema della violenza sulle donne.

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