"Scioglimento pilotato" Renzi molla Marino per salvare il governo

Il premier lavora a una soluzione indolore: Gabrielli coordinerà il Giubileo senza essere commissario, poi voto anticipato nel 2016

"Scioglimento pilotato" Renzi molla Marino per salvare il governo

Roma - Non «commissariamento» ma «coordinamento», o anche «cabina di regia». Il Partito democratico cammina sul filo dell'equilibrismo nominalistico per evitare di dare l'impressione di delegittimare il sindaco di Roma Ignazio Marino, e al tempo stesso per costruire una gabbia protettiva attorno al prossimo evento che investirà - o funesterà, a seconda dei punti di vista - la Capitale.

Tocca a Matteo Orfini, presidente del Pd nazionale e commissario di quello romano, illustrare la formula che serve a rassicurare il sindaco ma anche a prefigurare la suddivisione delle competenze tra lui, il presidente della Regione Zingaretti e il prefetto Gabrielli: «Non c'è un commissariamento - spiega Orfini - ma un coordinamento tra soggetti istituzionali» su mobilità, sanità e sicurezza, guardando «ad un modello già utilizzato: penso all'Expo di Milano in cui la Prefettura coordinava un tavolo. Si sta cercando una soluzione condivisa». Si sta ragionando, dice ancora riferendosi alla preparazione del decreto, su come rendere più forte il coordinamento: «C'è qualcuno che si deve occupare di mobilità e accoglienza, il Comune, qualcuno che deve affrontare il tema dell'offerta sanitaria ai pellegrini, la Regione, qualcuno che si deve occupare di sicurezza e ordine pubblico, la Prefettura». Sarà il premier Renzi, spiegano nel Pd, a «fare la sintesi» rispetto alle diverse opzioni sul tavolo, la settimana prossima. Il sindaco Marino ha fatto fuoco e fiamme contro l'ipotesi di «commissariamento», e ha dalla sua un'arma potente: la minaccia di dimettersi, e eventualmente di ricandidarsi in proprio, anche contro il Pd, se il partito pretendesse di dettargli condizioni. Trascinando la Capitale al voto nel momento peggiore per il premier.

Quel che pare certo è che alla fine sarà comunque il prefetto Gabrielli ad avere il ruolo di referente diretto di Palazzo Chigi sull'operazione Giubileo e sull'utilizzo dei 500 milioni che il governo dovrebbe sbloccare per l'evento, anche se formalmente si eviterà un'investitura diretta. Sta di fatto che il prefetto ha chiesto però poteri chiari e definiti, per evitare sovrapposizioni che complicherebbero soltanto una situazione già difficile. Anche perché il tempo è quasi scaduto, come ricorda l'ex sindaco di Roma Francesco Rutelli, che del Giubileo del 2000 seppe fare il proprio capolavoro: «Sono passati già tre mesi dall'annuncio del Papa, e il governo non ha ancora deciso chi se ne occupa. Non c'è più neanche il tempo per bandire le gare».

A Palazzo Chigi cresce la consapevolezza che il caso Roma, al di là dell'emergenza Giubileo, sia una bomba ad orologeria. E certo non basta a disinnescarla l'ipotesi di una giunta di emergenza, con l'ex magistrato Sabella vicesindaco, sostenuta dalla sinistra Pd e da Sel. «Alla fine una decisione netta si imporrà, se si vuole salvare il governo», dice un esponente vicino al premier. Insomma, uno scioglimento pilotato dell'attuale giunta, con nomina di un commissario che per un anno gestisca l'emergenza, portando il Comune al voto nel 2016. L'ipotesi non è più negata ad ogni costo nel Pd e nel governo. Martedì Gabrielli riceverà la mastodontica relazione degli ispettori incaricati di stilare un rapporto a partire dalle carte di «Mafia Capitale». Poi il prefetto avrà 45 giorni di tempo per presentare le sue conclusioni al governo, che in base a quello deciderà.

«Tornare a elezioni non basterebbe a fare davvero pulizia», ha detto Gabrielli, e il Pd spera che questa sia la linea che verrà confermata. Altrimenti, ammette un dirigente, «rischiamo un disastro di portata nazionale».

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