Romano Prodi mastica amaro. Vede la sua creatura, il Pd, che si sfascia lentamente. Ma inesorabilmente.
E che nonostante i suoi sforzi silenziosi sembra avviarsi verso la scissione. Contattato per telefono da Repubblica, il Professore parla di "suicidio" e confessa di non riuscire ad accettare l'idea della scissione come cosa fatta.
"Semmai mi intristisco - confessa - C'è una crisi di sistema continentale ma va affrontata, combattuta, sconfitta. Io non mi rassegno." L'ex premier non si lascia dipingere come indifferente e nonostante rifiuti di rivelare i contenuti dei colloqui con Renzi, Gentiloni e Bersani ("Sono privati e tali restano") assicura di aver fatto "decine di telefonate".
Inevitabile che sia Prodi ad assumere su di sè il ruolo di pontiere: è il padre nobile del Pd, l'uomo che ne ha ispirato il progetto e l'unico a portare il centrosinistra alla vittoria sotto le bandiere dell'Ulivo, nel 1996 prima e nel 2006 poi. Il Professore però, nonostante possa inalberare lo stendardo del federatore vittorioso, negli anni si è attirato anche le ire della sinistra più litigiosa, sempre pronta a bisticciare e a dividersi pur di inseguire l'utopia del "più puro fra i puri".
Certo, le posizioni fra renziani e scissionisti sono distanti, forse sideralmente. Certo, Prodi sa di essere inviso a una parte del suo stesso partito.
Ma se c'è qualcuno che può fare da mediatore è lui. Ed è per questo che tesse la propria tela, in silenzio ma con determinazione."ll suicidio - spiega - rientra nella patologia umana, ma io non posso rassegnarmi."
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.