Conservatori, una sconfitta a metà

La continuità con Bergoglio, le posizioni su migranti e clima, il richiamo alla sinodalità. L'ala più moderata può aggrapparsi alla fermezza sulle questioni etiche

Conservatori, una sconfitta a metà
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«Il nome, la mozzetta, la croce d'oro, il richiamo alla Madonna, il fatto che sia un agostiniano: non era certo il nostro preferito - riflette a voce alta una fonte vicina ai conservatori presenti in Conclave - ma i primi segnali rispettano la tradizione. Confidiamo che il nuovo Papa sia una sorpresa. E pure nella gradualità. Chissà!». Per la «destra» della Chiesa cattolica, l'elezione del nuovo pontefice, di questo pontefice, è tutto fuorché una vittoria. Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV, esordendo in piazza, è stato chiaro: «Sinodalità». È stata una delle parole chiave del pontificato di Papa Francesco. Vuol dire che si continuerà a procedere dal basso verso l'alto, attraverso processi sempre più partecipati. Uno strumento, il sinodo, che è stato contestato da «destra» durante gli anni di Francesco, soprattutto per via della sua applicazione. «Sinodalità», per una certa idea del cattolicesimo, significa soprattutto collegio cardinalizio. Papa Francesco ha dato tutt'altra impostazione. Adesso bisognerà comprendere l'impronta di Papa Leone XIV. In ogni caso, è difficile ipotizzare che i voti dei cardinali conservatori siano finiti dalle parti del porporato di Chicago. L'ipotesi prevalente, che è circolata poco prima dell'extra omnes, riguardava un'intesa tra i sostenitori di Peter Erdö e quelli dell'ex segretario di Stato Pietro Parolin: con ogni probabilità, l'accordo non ha retto o non è stato sufficiente. L'ex segretario di Stato potrebbe essersi fatto da parte una volta compreso che i suoi consensi non sarebbero bastati. Magari il nome dell'italiano non ha convinto i porporati asiatici e quelli africani. Un passo indietro, secondo le ricostruzioni del diario segreto di un cardinale, lo ha fatto Jorge Mario Bergoglio quando è stato eletto Joseph Ratzinger. Era il 2005. «Il Conclave è un mistero. Gli unici indizi possono provenire dalle nomine successive - continua la fonte - Dalle nomine capiremo se e che tipo di accordo ci sia stato». I conservatori, dinanzi a un esito così inaspettato, si aggrappano soprattutto alle posizioni etiche del nuovo pontefice. Prevost sui migranti e sul cambiamento climatico ha una visione sovrapponibile a quella del suo predecessore. E ha anche «corretto», via X, in maniera fraterna, alcune idee del vicepresidente Usa JD Vance. Ma ha pronunciato parole ferme sulle questioni Lgbtq. Però i conservatori, capeggiati tra gli altri dal cardinale Robert Sarah e dal cardinal Raymond Leo Burke, non hanno comunque impresso una linea di forte discontinuità rispetto a Jorge Mario Bergoglio. Se questi ultimi non esultano, non gioisce neppure la Comunità di Sant'Egidio che non è riuscita a far leggere né Jean Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, né Matteo Maria Zuppi, presidente Cei e arcivescovo di Bologna. I Cardinali, che per larga parte erano stati creati da Papa Francesco, hanno preferito un americano. Prevost è un segnale verso gli Stati Uniti e verso il presidente Donald Trump, vedremo quale. C'è quella parola - «ponte» - che richiama ancora una volta Papa Francesco. La scelta del Conclave non ha guardato in direzione dell'Asia, il continente del cardinale Luis Antonio Tagle, un altro dei «papabili» forti in campo. E neppure verso l'Europa del cardinal Anders Arborelius. «Un americano - afferma un'altra fonte conservatrice - potrebbe affrontare la questione cinese con molta fermezza». È un'altra delle speranze di chi, comunque, si sarebbe aspettato una figura diversa. Tra chi esulta c'è padre James Martin, gesuita favorevole alle aperture alla comunità Lgbt: «So - scrive via social - che Papa Leone XIV è un uomo gentile, aperto, umile, modesto, deciso, lavoratore sodo, diretto, affidabile e con i piedi per terra. Una scelta brillante, che Dio lo benedica».

Anche padre Antonio Spadaro, vicinissimo a Papa Francesco, già sottosegretario del Dicastero del Vaticano per la Cultura e l'Educazione, usa toni trionfalistici: «Il Papa missonario che il predecessore aveva chiamato da una remota diocesi del Perù a governare il Dicastero dei vescovi». E ancora: «Americano che si rivolge al popolo di Dio in italiano e in spagnolo. Il papato resta in America Latina». Con Prevost, si sa chi ha perso. Chi ha vinto si vedrà.

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