Lo scoop del "contratto-bozza" scatena la guerra tra giornali

Per il «Corriere» la pubblicazione sull'«Huffington» del testo riservato è servita per scatenare la speculazione

Il contratto di governo firmato da Lega e M5s
Il contratto di governo firmato da Lega e M5s

Le baruffe tra giornalisti sono spesso poco interessanti e liquidabili come questioni attinenti a gelosie (personali) e rivalità (politiche). Fa eccezione quanto accaduto ieri tra il vicedirettore ad personam del Corriere, Federico Fubini, e il direttore dell'Huffington Post, Lucia Annunziata. Il primo, citando un editoriale della Stampa del 16 maggio, ha ipotizzato che la prima bozza del contratto M5S-Lega, recapitata in busta anonima al quotidiano online, fosse uno strumento per dare il via alla speculazione che nei giorni successivi ha colpito i nostri titoli di Stato.

L'ex presidente della Rai ha replicato in maniera risentita che «la fonte era conosciuta da me, di grande reputazione e l'arrivo del documento in quella forma e modalità era stato concordato», dunque l'Huffington non si è prestato inconsapevolmente a nessun complotto. Conclusa la disputa autoreferenziale, c'è un dato di fondo che non si può eludere: l'Italia è l'anello debole dell'area euro e ogni pretesto buono per scommettere contro il nostro Paese, soprattutto in periodi di instabilità. Oltre 2.300 miliardi di debito pubblico, la crescita più bassa delll'eurozona e un tasso di disoccupazione all'11% sono buoni argomenti per coloro che prendono in prestito Btp (la domanda, secondo Ihs Markit, ha raggiunto i 40 miliardi di dollari, picco quasi da record), li vendono e li ricomprano a un prezzo più basso lucrando sulla differenza. Circostanza che dal 16 maggio ha determinato un incremento dello spread.

Non a caso il Corriere cita un esempio tratto dal Wall Street Journal, quello dell'hedge fund AH del miliardario Alan Howard che, giocando sui nostri decennali, ha chiuso maggio con una performance del +36,7%, circostanza che non gli riusciva da molti anni. In questo modo si adombra il sospetto che le vendite allo scoperto siano state in qualche modo preordinate. Una denuncia che ha suscitato l'indignazione del renziano Michele Anzaldi che ha chiesto l'intervento della Consob e che ha consentita al viceministro dell'Economia in pectore, la pentastellata Laura Castelli, ad affermare «qualcosa è successo e qualcuno ha provato a metterci in difficoltà», riferendosi al fatto che la Bce abbia ridotto gli acquisti (per motivi di allineamento delle scadenze e non di pressing politico).

Castelli ha perso un'occasione per puntare al bersaglio grosso che è la fine annunciata del quantitative easing: il mercato sa già che senza quell'azione stabilizzatrice e senza un paracadute «europeo», i nostri titoli di Stato (e di conseguenza anche quelli bancari perché ne sono grandi acquirenti) saranno sotto pressione e comincia a posizionarsi. Non a caso ieri l'editoriale Orsi & Tori di Milano Finanza citava un altro articolo del Wall Street Journal proprio per denunciare il «trappolone» nel quale si rischia di cadere: bisogna tenere sotto controllo il mercato dei titoli di Stato perché è il cavallo di Troia con il quale l'Unione europea e, quindi, la Germania pensano di sottomettere Roma ai propri voleri.

La benevolenza del presidente Trump nei confronti del neo

premier Conte al G7 di Charlevoix ha una ragione. Sostenere la partnership con l'Italia significa bloccare l'egemonia europea di Merkel. L'Italia è un po' meno sola, dunque. Ma rischia di diventare un campo di battaglia.

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